“I’m happy again, I’m laughing at clouds
So dark up above”…
…“Let the stormy clouds chase, Everyone from the place
Come on with the rain, I’ve a smile on my face
I walk down the lane, With a happy refrain
Just singin’, Singin’ in the rain”
(Gene Kelly, 1952, MGM)
“E’ lecito dire che avete semplicemente inondato il sistema di denaro?”
“Si. L’abbiamo fatto. È un’altra maniera di pensare a ciò che effettivamente abbiamo fatto. Stampiamo soldi digitalmente. Quindi, noi – inteso come banca centrale, abbiamo la facoltà di creare soldi in maniera digitale.”
(FED Chair J. Powell con Scott Pelley on 60 Minutes)
Se da una parte il 2022 verrà ricordato come l’annus horribilis dei mercati finanziari, l’avvio d’anno ha preso in contropiede la maggior parte degli investitori posizionati in maniera difensiva in vista di quella che è stata definita da alcuni commentatori come la recessione più anticipata della storia: crisi energetica scampata in Europa, cosi come una mancata escalation nucleare in Ucraina, nonché la riapertura dell’economia cinese e una FED più attendista nei confronti di un’inflazione che sembra aver segnato i picchi nella seconda metà dell’anno scorso.
Sono tutti fattori che hanno contribuito ad alimentare una narrativa più conciliante nei confronti dei mercati finanziari, comprimendo la volatilità e spingendo gli investitori a tornare sui mercati con cauto ottimismo, complici anche i risparmi in eccesso accumulati negli ultimi 2 anni (grafico sopra), grazie a stimoli fiscali finanziati sostanzialmente a debito. Goldman Sachs stima, infatti, che i consumatori americani abbiano attinto solamente a un terzo circa della liquidità messa da parte dall’inizio della pandemia.
Tuttavia, come affermato già nel lontano 1988 dal leggendario investitore Stan Druckenmiller “non sono i profitti che guidano il mercato generalmente, ma occorre concentrarsi sulle banche centrali e sui movimenti di liquidità…la liquidità è ciò che guida i mercati”: la crisi del COVID ci ha infatti portato su terreni inesplorati per quanto riguarda la scala della liquidità, con la FED che tramite quantitative easing (QE) ha visto il proprio bilancio più che raddoppiare da USD 4tln a USD 9tln (i.e. per crescere di tale magnitudine in passato, c’era voluto oltre un decennio che comunque rappresentava un’anomalia storica).
Stanley F. Druckenmiller (nato il 14 giugno 1953) è un investitore e filantropo americano, ex presidente di Duquesne Capital, che aveva fondato nel 1981. Ha chiuso il fondo nell’agosto 2010 ridando i soldi agli investitori in quanto le condizioni di mercato a suo avviso non presentavano più le stesse opportunità viste nel corso della sua carriera. Al momento della chiusura, Duquesne Capital aveva un patrimonio di oltre 12 miliardi di dollari. Dal 1988 al 2000, ha gestito il denaro per George Soros come lead portfolio manager per il fondo Quantum. Si dice che abbia guadagnato $ 260 milioni nel 2008.
Con lo scritto odierno, cerchiamo dunque di fare chiarezza sulle dinamiche dei flussi di liquidità che hanno impattato il mercato da inizio anno in maniera sostanziale. La correlazione tra espansione della base monetaria e l’andamento borsistico è da tempo identificata come statisticamente significativa (grafico sopra), tuttavia, appare meno chiaro come questa dinamica si sia diramata da inizio anno, quando sia il rialzo dei tassi, che la riduzione del bilancio da parte della FED (quantitative tightening o QT), nonché l’impasse sul tetto del debito americano, fanno pensare a un ritiro massiccio della liquidità dai mercati. Dall’altro lato dell’Atlantico, la FED è intenta a portare avanti una riduzione del proprio bilancio a un ritmo di USD 95mld al mese: da dicembre 2021, in seguito all’inversione di marcia da parte del Presidente della banca centrale americana Jerome Powell, gli asset di rischio hanno registrato performance generalmente negative proprio a causa del ritiro di liquidità prospettato. Come quando le maree si ritirano nelle profondità marine, venendo accolte e smorzate da correnti incrociate che spesso provocano turbolenze nei punti di congiunzione, così oggi ci troviamo in un punto di congiunzione in cui la liquidità, da una parte, sta venendo ritirata tramite il QT della FED e le politiche restrittive degli altri principali istituti centrali mondiali, ma dall’altra “correnti divergenti” attenuano l’efficacia del ritrarsi della marea.
Uno sguardo dietro le quinte dell’impianto del sistema monetario rivela un marcato cambiamento nelle dinamiche di potere sul controllo della base monetaria: la FED sta effettivamente diminuendo il suo bilancio lasciando scadere le obbligazioni del tesoro americano senza reinvestirne i proventi, dando l’impressione ai cittadini di star rimuovendo la liquidità in eccesso, ma in effetti le casse del tesoro americano detenute presso la FED (Treasury General Account o TGA, linea gialla nel grafico sopra) stanno venendo drenate, di fatto neutralizzando in toto l’effetto del QT (linea blu, invertita nel grafico sopra). In altre parole, si potrebbe dire che la FED “se la stia suonando e cantando”.
L’implicazione di tale dinamica è che la FED sta cedendo le redini al Tesoro degli Stati Uniti, nelle vesti di Janet Yellen, rendendo la decisione circa l’immissione di liquidità nel mercato senz’altro più politica: legislazioni come il recente Inflation Reduction Act, che sancisce ulteriore spesa fiscale, inter alia, per ridurre l’inflazione, mette in luce il potenziale disallineamento tra la FED ed il Tesoro USA: d’altronde, l’ufficio governativo preposto a redigere i piani di bilancio per gli USA (il Central Budget Office o CBO), prevede che il debito federale aumenti dal 120% del PIL alla fine del 2022 a quasi il 200% tra 30 anni, principalmente in seguito ad un deficit federale nel periodo 2022-2052 in media del 7,3% del PIL (più del doppio della media nell’ultimo mezzo secolo).
Se da una parte, come sovra analizzato, altre dinamiche inerenti agli Stati Uniti stanno remando contro l’obiettivo di restringimento delle condizioni finanziarie dichiarato dalla FED, guardando fuori dai confini americani non possiamo non notare come la traiettoria adottata dalle 3 principali banche centrali occidentali (FED, BOE, BCE) sia opposta rispetto alle politiche monetarie portate avanti dalla banca centrale del Giappone e dalla banca centrale cinese: a dicembre la BoJ (Bank of Japan) ha sorpreso gli investitori annunciando che avrebbe consentito ai rendimenti dei bond governativi decennali di fluttuare dello 0,5% al di sopra o al di sotto del suo obiettivo di zero, ampliando la precedente banda di 0,25 punti percentuali. Da allora, per mantenere il suo obiettivo di controllo della curva, l’istituto centrale ha dovuto “sopportare un costo” di oltre 300 miliardi di dollari, acquistando titoli di stato aumentando il suo bilancio. L’impatto sulla liquidità globale nel mercato è stato pronunciato (colonna grigia nel grafico sotto).
Per quanto riguarda invece la banca centrale cinese, la postura monetaria attuale è da intendersi come anticiclica rispetto all’occidente: la PBOC (People’s Bank of China) ha iniettato 3 trilioni di yuan nel sistema bancario nel corso degli ultimi mesi, ovvero oltre tre volte la quantità di liquidità iniettata nei due anni precedenti. Inoltre, tra le principali riforme raccomandate di recente dal Fondo Monetario Internazionale a Xi Jinping compare il rafforzamento del sistema di welfare per contrastare l’effetto negativo sulla crescita del pil dovuto all’enorme mucchio di risparmi accumulato dalle famiglie: secondo i dati della People’s Bank of China, stiamo parlando di un record di 17,84 trilioni di yuan (2,6 trilioni di dollari). Si pensi che il livello dei risparmi è aumentato di 8 trilioni di yuan nel 2022 e che solamente a novembre e dicembre i depositi delle famiglie sono aumentati rispettivamente di 2,95 trilioni di yuan e 2,19 trilioni di yuan.
Con l’analisi odierna, dunque, abbiamo cercato di monitorare la direzione dei flussi di liquidità delle principali economie che, come ha affermato Chris Watling, CEO di Longview Economics, una casa di ricerca economica indipendente, “ha sicuramente avuto un ruolo chiave nel rimbalzo dei mercati da inizio anno che, tuttavia, andrà a scemare nella seconda parte del 2023”. Mentre lo scritto di oggi si è focalizzato ad analizzare i flussi di liquidità globali a livello monetario/fiscale, va senz’altro notato che anche i flussi di capitale derivanti dall’attività degli investitori giocheranno un ruolo cruciale. La competizione per il capitale, infatti, si è inasprita in quanto vi è oggi un’alternativa con rendimento nominale data dal mondo obbligazionario che un anno fa non era presente: a livello fondamentale il mercato azionario scambiava più a buon mercato a gennaio 2022 appena prima di iniziare la traiettoria discendente e, cioè, quando i tassi erano prossimi allo 0 e l’aspettativa degli utili era positiva (condizione invertite nel mercato odierno). Tuttavia, l’obiettivo dello scritto di oggi verte proprio sull’ampliamento dell’orizzonte di analisi oltre ai fondamentali provando a disaminare la dinamica dei flussi, in quanto come dice un vecchio motto di Wall Street “i fattori fondamentali non contano finchè contano”: ci sembra evidente che i fondamentali siano passati in secondo piano in quest’avvio d’anno lasciando spazio ai flussi che hanno dettato e dominato i movimenti di mercato. Dovesse la liquidità venir meno in una seconda fase, la forza di gravità dei fondamentali tornerà a farsi preponderante in linea al momento “Wile e Coyote” citato precedentemente.
Se quindi gli investitori per ora “are singing in the rain” grazie alle sovramenzionate iniezioni di liquidità, va capito se riusciranno a farlo ancora a lungo dato che ciò che sta generando il sollievo nel corto termine è allo stesso tempo ciò che rischia di portare i tassi higher for longer e dunque di rovinare del tutto la festa. Non abbiamo dubbi che in tal caso, un ulteriore massiccio stimolo monetario farà capolino, rendendo lo scenario inflattivo, da qualsiasi prospettiva lo si guardi, comunque sempre meno temporaneo rispetto a ciò che la narrativa mainstream è solita dipingere.
Approfondimento a cura di Mattia Segre, Nicola Lampis, Alban Zerweck.
Lugano, 19/02/23