A soli sessanta giorni dall’inizio della crisi da Covid, l’esplosione dei deficit dei governi di tutto il mondo, paragonabile per magnitudine solamente ai disavanzi del periodo della Seconda Guerra Mondiale, sta riportando alla ribalta il problema della gestione e della sostenibilità dei debiti accumulati dal sistema economico genericamente inteso.
A prescindere dai punti di vista, una cosa appare certa: è impossibile risolvere una crisi di debito, aggiungendo ancora piu’ debito. Molte delle persone che ci leggono sono imprenditori, il concetto appare banale quando applicato alla dinamica economica delle proprie aziende. Non si capisce come mai pero’ quando ad essere toccata è la dinamica macroeconomica mondiale, in quel contesto la ricetta che prevede un aumento ulteriore dei debiti, debba invece funzionare… A poco vale l’insegnamento di Einstein: non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
Fatta questa premessa basilare, il debito puo’ scendere solamente in alcune situazioni:
- La produzione (che sia PIL nazionale, marginalità delle aziende o reddito disponibile delle famiglie), cresce ad un ritmo piu’ veloce rispetto al debito; è l’esempio dell’uscita dalla Seconda Guerra mondiale quando il processo di ricostruzione post bellica ha permesso di riportare la situazione debitoria sotto controllo in tutti i principali paesi. Se siamo fortunati, l’innovazione che si diffonderà per il mondo nel post Covid, diffonderà sufficiente prosperità sul pianeta in grado di aumentare il livello di benessere globale ad un ritmo maggiore di quello della crescita del debito. Se siamo fortunati…
- Aumentare i livelli di tassazione: nella visione per cui i debiti devono essere ripagati, è chiaro che lo strumento della tassazione, sia ricorrente che “straordinaria”, è una leva in mano ai padroni del vapore per ridurre lo stock del debito. Possiamo al massimo domandarci se tutto cio’ abbia un senso in un mondo che rischia una depressione epocale
- Cancellare il debito
Essendo “pensare altrimenti” il mantra di Brightside e non potendo non sottolineare come sulla stampa comune il tema della cancellazione del debito sia molto poco approfondito (se non per ricordare ai tedeschi gli sconti sul loro stock di debito all’uscita dal secondo conflitto mondiale, in una logica puramente negoziale, mai autenticamente interessata a capire), pensiamo che sia importante per gli investitori che cercano di riflettere su cosa aspettarsi dal domani, avere anche un punto di vista su questa opzione. Dato che i possibili outcome da questa crisi sono al momento incredibilmente incerti.
L’accademico americano Michael Hudson, una delle piu’ interessanti voci del panorama del pensiero indipendente americano, ha studiato per anni il tema della cancellazione del debito. La sua tesi è la seguente: la capitalizzazione degli interessi sul debito cresce strutturalmente ad un ritmo piu’ veloce rispetto al ritmo di crescita dell’economia; nel dettaglio gli interessi (e dunque il debito) crescono esponenzialmente mentre l’economia cresce ad un ritmo di “S”, quindi piu’ lentamente. Per questo motivo se non hai un’autorità centrale in grado di cancellare gli eccessi (di debito) del passato, avrai sempre un’economia sbilanciata, sbilanciabile e fragile.
La storia della cancellazione del debito risale al tempo del vicino Oriente e dell’età del Bronzo. Ai tempi della Mesopotamia, la maggior parte dei debiti erano a favore del sovrano di turno. Quando i debiti salivano troppo o c’erano stagioni di raccolto molto scarso, il Palazzo poteva naturalmente insistere che tutti i debiti venissero pagati, cio’ avrebbe ridotto la maggior parte della popolazione in schiavitu’; in quel caso pero’ il Palazzo non sarebbe piu’ riuscito a raccogliere tasse o affitti. In alternativa poteva cancellare i debiti, dando un “reset” al sistema.
Un secondo esempio, ancora piu’ vicino: facendo parte di una civiltà che affonda le sue radici nella cristianità, siamo tutti familiari con la preghiera del Padre Nostro; la vulgata è che la preghiera si riferisca solamente al tema del perdono dei peccati ma al tempo di Gesu’ c’erano guerre per i debiti, come c’erano a Roma (basti ricordare la morte dei Gracchi, http://www.luzappy.eu/storia_romana/05_la_crisi_sociale_e_i_gracchi.pdf) , come c’erano rivolte ai tempi della Grecia Antica per la cancellazione del debito.
Infine l’ebraismo: il giubileo (in ebraico: yovel) trova le sue radici nella Bibbia ebraica (Tanakh) ed è l’anno al termine dei sette cicli di Shemittah (anni sabbatici); secondo le normative bibliche aveva un impatto speciale sulla proprietà terriera e la relativa gestione in Terra di Israele: Il giubileo ebraico tratta in gran parte di terra, proprietà, e diritti terrieri. Secondo il Levitico, la celebrazione di quest’anno comportava, tra l’altro, la restituzione delle terre agli antichi proprietari, la remissione dei debiti, la liberazione di schiavi e prigionieri, il riposo della terra, e la misericordia divina particolarmente manifesta. Il Levitico letteralmente afferma:
« Conterai pure per te sette Shabbat di anni: sette volte sette anni; questi sette Shabbat di anni faranno per te un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese farai squillare la tromba; nel Giorno dell’Espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. E santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la libertà nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete e non raccoglierete ciò che cresce spontaneamente, e non vendemmierete le vigne non potate. Poiché è il giubileo; esso sarà sacro per voi. Mangerete il prodotto che vi daranno i campi. In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà alle sue proprietà. » (Levitico 25:10-13)
Il testo del Levitico sostiene che il giubileo esisteva perché la terra era proprietà di Yahweh, ed i suoi occupanti erano soltanto dei forestieri o affittuari, pertanto la terra non doveva essere venduta per sempre. Il Levitico afferma anche che gli Israeliti erano i servitori di Yahweh, che i rabbini classici considerarono una giustificazione della manomissione degli schiavi israeliti durante il giubileo, usando l’argomentazione che nessun uomo deve avere due padroni, e quindi, come servi di Yahweh, gli Israeliti non devono essere anche servitori degli uomini.
Quando la classe dei creditori, nell’Antica Roma ha il sopravvento, in contemporanea con la nascita di Cristo, vincendo la battaglia contro il potere centrale, il Palazzo ed il Tempio, è quello il momento in cui ci fu uno shift di paradigma sulla maniera di trattare il debito, che giungerà fino a noi.
Cio’ ha reso le civiltà occidentali diverse nel valutare i cicli economici da tutto quanto le aveva precedute: le civiltà precedenti del Vicino Oriente, avevano l’idea che l’economia avesse una naturale tendenza a disequilibrarsi per il ritmo diverso di crescita tra debito e produzione (esponenziale vs “S”), che porta a temi molto attuali come la polarizzazione della ricchezza, che ha come derivata seconda l’incremento della povertà diffusa. Da qui la cancellazione del debito come “Reset” globale ma soprattutto “normale”.
Durante l’età del bronzo, il tema dell’equilibrio era il centro delle riflessioni economiche: se il prezzo per far pagare i debiti contratti porta ad un collasso dell’economia, si riconosceva l’autorità al palazzo di cancellare unilateralmente i debiti contratti.
Secondo la legge di Hammurabi (1800 anni prima di Cristo), i debiti contratti erano pubblicamente esposti e restavano in essere finchè il raccolto era prospero ed avevano un rimborso stagionale. Il creditore era il palazzo che in caso di cataclisma naturale, si arrogava il diritto di cancellarli.
Il messaggio implicito era dunque: “se non cancelliamo il debito, la popolazione lavorerà solamente per i creditori e non piu’ per Babilonia, non lavoreranno per i progetti pubblici e non serviranno l’esercito quando sarà necessario, non raccoglieremo le tasse (porzioni del raccolto) che saranno usate per ridurre il debito”. Da qui la cancellazione del debito come unica opzione per il mantenimento di un sistema economico equilibrato.
La cancellazione del debito tedesco avvenuta dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha invece radici diverse ma è comunque un esempio di grande aiuto: gli Alleati, dopo la vittoria hanno cancellato tutti i debiti alla Germania essenzialmente perché i creditori erano riconducibili al nazismo ed era necessario infliggere loro la massima penalizzazione possibile. Di sicuro gli Alleati non volevano lasciare un gruppo nazista forte e con una posizione finanziaria di leadership. A prescindere dalle ragioni della cancellazione del debito quello che è interessante è che dalla cancellazione del debito nasce il miracolo economico tedesco: l’economia era in grado di operare senza il fardello del debito né a livello privato, societario che statale. Da qui il decollo.
E’ dunque evidente verso quale percorso ci stia portando l’aumento del debito ad ogni fase recessiva e come le scelte che sono state intraprese non sono solamente controintuitive, ma l’efficacia delle stesse è smentita non solo dall’algebra basica ma anche dalla storia.
E’ chiaro che gli interessi della finanza anglosassone hanno definito non solo ab origine le regole del gioco a proprio piacimento ma anche stanno vincolando gli scenari di uscita verso uno scenario che rischia di essere subottimale anche per chi controlla il gioco. Come succede in ogni deriva. Come succede in ogni fase di decadenza. Gli economisti lo chiamano overshooting… Non riguarda solo la dinamica dei prezzi ma anche i comportamenti economici in senso lato.
Da qui l’invito a tutti a non considerare come “impossibile” uno scenario di moratoria del debito su scala molto ampia; e a guardare al periodo a venire con un approccio il meno dogmatico possibile: potrà succedere di tutto, in tutte le direzioni. E anche i downtrend offrono opportunità per difendere adeguatamente i propri patrimoni, se sono correttamente interpretati. Da qui il nostro sforzo di comunicare per aiutare a capire.
Sempre in una prospettiva ciclica, di corsi e ricorsi, non mi resta che chiudere, come avevo iniziato, terminando cioe’ con il punto di vista di Einstein, questa volta sulla gestione delle crisi, che resta un insegnamento quanto mai prezioso, a cui tendere fortemente, specie in questa primavera cosi’ anomala:
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”