Oh no, there goes Tokyo
Go go Godzilla, yeah
History shows again and again
How nature points out the folly of men
Godzilla
Godzilla – “Spectres” Album
Blue Oyster Cult, 1977
“Le scorie atomiche, i rifiuti umani, i gas velenosi, tutto finisce in mare, e la vita nel mare finisce. Godzilla si arrabbierebbe moltissimo se vedesse tutto questo, e farebbe qualcosa. Ne sono sicuro. (Godzilla – Furia di mostri)“
L’attenzione recente della società verso temi legati alla sostenibilità in vari ambiti, dalla mobilità all’alimentazione, dall’ambiente alla produzione industriale ed energetica, non trova precedenti storici. La spinta tecnologica degli ultimi 20 anni ha permesso infatti di abbattere in maniera decisiva i costi legati alla generazione di elettricità tramite fonti rinnovabili quali l’eolico ed il fotovoltaico, ma ne rimane una piuttosto taciuta in questo panegirico green, ovvero l’uranio. Fonte di energia nucleare, questo elemento chimico vanta un passato recente opaco e travagliato, dovuto al dibattito tecnico ma anche democratico sulla dubbia sostenibilità legata allo smaltimento delle scorie nonché gli incidenti di percorso che rimandano a vivide e impressionanti immagini quali tsunami, mostri marini radioattivi e scenari post-apocalittici nella steppa euroasiatica.
Con lo scritto di oggi gettiamo luce, dunque, sul rinnovato interesse scaturito verso questa commodity controversa, cercando di affrontare in maniera laterale ancora una volta (si veda lo scritto “Greenwashing”) lo scenario economico legato alla transizione energetica ed il percorso che ne consegue nei mercati dei capitali, motore di rilievo per accelerare verso un futuro a zero emissioni.
Partiamo dalla storia recente e da un quadro legato all’equilibrio tra domanda e offerta. Negli ultimi cinque anni i prezzi dell’uranio sono stati molto al di sotto del costo di produzione, mettendo pressione sulla sostenibilità finanziaria e produttiva delle principali miniere al mondo, ed innescando di fatto un ciclo di austerità verso nuove esplorazioni ed investimenti: un chiaro disincentivo rispetto a portare nuova capacità di produzione online ampliando i progetti esistenti o avviandone di nuovi più complessi e meno redditizi. Guardando solamente agli indicatori di prezzo dell’uranio qualcosa pare infatti disallineato considerando quanto appena esposto, anche a fronte del fatto che l’offerta globale di uranio è la più limitata dai tempi pre-Fukushima: i livelli attuali di prezzo si collocano al di sotto del -50% rispetto ai massimi del 2007, anche dopo aver più che raddoppiato dai minimi degli ultimi anni.
IL FATTORE CAPACITA’
Se da una parte l’efficienza produttiva di un impianto si attesti al 92.5% rispetto al petrolio, ad esempio, a 13.4%, risulta estremamente dispendioso spegnere un reattore. Nel 2007 ad esempio i prezzi sono aumentati di 5 volte in un anno fino ad arrivare a $140 lb, poiché le utilities sono state prese dal panico per la scarsità di approvvigionamento dopo una serie di inondazioni nelle principali miniere. L’uranio è completamente inelastico vs. la domanda. Senza questa commodity un reattore nucleare deve chiudere ed i costi per riavviarlo possono ammontare centinaia di milioni di dollari.
Le interruzioni pandemiche dell’estrazione mineraria hanno fatto sì ad esempio che Cameco, il secondo produttore mondiale, abbia chiuso tutte le sue miniere di uranio in Canada. Kazatomprom, il più grande produttore al mondo, sta producendo ad un minimo pluriennale. Gli Stati Uniti hanno prodotto zero uranio nel 2020. L’inventario detenuto dai maggiori produttori mondiali di uranio è quindi su livelli storicamente depressi con i principali attori che continuano da anni a questa parte ad acquistare la materia prima nel mercato spot piuttosto che investire per estrarla. L’equilibrio tra domanda e offerta appare precario, anche per il ruolo crescente di questa fonte di energia nel dibattito pubblico-governativo, nonché tra gli attori finanziari. Dai paesi occidentali a quelli emergenti, vi è l’intenzione di aumentare in maniera significativa la propria quota di energia nucleare all’interno del proprio mix energetico.
Cina, India, Russia, Bielorussia, Corea, Slovacchia ed Emirati Arabi Uniti stanno aggiungendo oltre 8 GW di nuova capacità nel 2021. Attualmente sono in costruzione 53 nuovi reattori nucleari in tutto il mondo e oltre 300 sono proposti per questo decennio. L’energia nucleare sta catturando nuovamente l’attenzione di molti, mentre i governi accelerano i piani per “de-carbonizzare” le loro economie per raggiungere gli obiettivi climatici di Parigi.
Negli Stati Uniti il budget proposto dall’amministrazione Biden per il 2022 prevede (i) incentivi fiscali per impianti a rischio fino al 2031, nonché (ii) fondi addizionali per l’approvvigionamento di energia nucleare avanzata.
In Cina il governo prevede di generare almeno il 20% del proprio fabbisogno elettrico da fonti rinnovabili entro il 2030, di fatto raddoppiando la penetrazione del nucleare all’interno del proprio energy mix dall’attuale 5% al 10%. Inoltre, la Cina è tra le prime ad aver messo in funzione una propria attrezzatura per lo smaltimento di rifiuti liquidi radioattivi ad alto livello, in grado di fondere i rifiuti in vetro.
In Giappone 8 anni dopo il disastro di Fukushima, è stata data l’approvazione per riavviare il reattore di Onagawa, ed il governo punta a generare oltre il 20% del proprio fabbisogno energetico dai reattori nucleari rispetto all’attuale 8%
Anche la società civile e la finanza stanno rispolverando la tesi sulla viabilità del nucleare. Ad inizio di quest’anno per esempio Bill Gates, voce lobbista autorevole per un futuro più inclusivo e sostenibile, ha lanciato un messaggio importante, affermando a CNBC “Squawk Box” che la produzione di energia nucleare è necessaria affinché il mondo abbia soluzioni energetiche più pulite, anche se il nucleare deve ancora convincere gli oppositori che generalmente lo associano a Chernobyl o alle armi nucleari. Gates – che ha investito in venture nucleari (ha fondato ad esempio TerraPower, società che cerca di costruire mini reattori per immagazzinare elettricità e quindi integrare l’energia eolica e solare nelle reti) – ha affermato che la produzione di elettricità nucleare dovrebbe essere politicamente appetibile perché è più sicura di carbone, gas, e petrolio.
“Il nucleare è effettivamente più sicuro di qualsiasi altra fonte di generazione di energia – ha detto Gates alla CNBC -. Centrali a carbone, particolato, gasdotti che esplodono. Le morti per unità di energia su altre fonti sono state molto più alte”. Gates, che è profondo sostenitore della lotta in favore dei cambiamenti climatici, nel 2018 aveva scritto sul suo blog che gli Stati Uniti dovevano “riguadagnare il loro ruolo di leader nella ricerca sull’energia nucleare”. “ Il nucleare è l’ideale per affrontare il cambiamento climatico, perché è l’unica fonte di energia scalabile e priva di emissioni di carbonio disponibile 24 ore al giorno. I problemi con i reattori odierni, come il rischio di incidenti, possono essere risolti attraverso l’innovazione “, scriveva il fondatore di Microsoft. Insieme a Gates anche Jeff Bezos, sostiene la fusione nucleare: Commonwealth Fusion Systems, una unità scorporata dal MIT, sta lavorando alla fusione ed è sostenuta dai miliardari tramite il fondo Breakthrough Energy che supporta soluzioni energetiche pulite.
Infine, vale la pena guardare alla finanza partendo dal grafico sovra riportato: gli acquisti di uranio stanno accelerando, come testimoniato da livelli storicamente elevati di attività sul mercato da parte di attori che non siano legati a strutture direttamente coinvolte nella produzione energetica tramite fissione. Si stima infatti che gli investitori finanziari nonché speculatori minori e la massa retail abbiano accumulato uranio sul mercato spot in quantità record quest’anno. L’esercito virtuale di trader retail speculatori legato all’universo Reddit / Wall Street Bets (si veda il fenomeno Game Stop descritto in una nostra Side View) ha da poco acceso i riflettori su questo fenomeno, con il seguente post:
“ll mondo sta producendo circa 125 milioni di once dall’estrazione primaria, 25 milioni di once da fonti secondarie e consuma circa 180 milioni di once all’anno, per un deficit complessivo di 30 milioni di once. Questo deficit non farà che aumentare negli anni futuri, man mano che altri reattori entreranno in funzione. Se vuoi rompermi sui miei numeri, fai pure. So di essere fuori di qualche milione di once, ma lo sono anche tutti gli altri. Nessuno conosce veramente i numeri reali, che è ciò che rende i mercati delle materie prime così affascinanti in primo luogo. Tutto ciò che conta è che c’è un deficit, che è una grande percentuale della produzione totale, e le nuove miniere non vengono messe online ai prezzi attuali e le miniere esistenti hanno avuto anni di sotto-investimenti…“
È LA GEOPOLITICA A GUIDARE LO SVILUPPO CINESE
L’arsenale nucleare cinese sembra espandersi sostanzialmente per la prima volta da anni. Negli ultimi decenni, la Cina aveva mantenuto solo una ventina di missili balistici intercontinentali (ICBM) basati su silos. Ma recenti prove di esperti statunitensi indipendenti mostrano che il paese sta probabilmente costruendo più di 200 nuovi silos missilistici. L’attuale programma della Cina per modernizzare e aggiornare le sue armi nucleari si sta muovendo a una velocità e una scala senza precedenti. Le immagini satellitari rivelano che la Cina sta costruendo un secondo campo di silos per missili nucleari. La scoperta segue il rapporto degli esperti statunitensi di luglio 2021 secondo cui la Cina sembra stia costruendo 120 silos missilistici vicino a Yumen, nella provincia di Gansu. Il secondo campo di silos missilistici si trova a 380 chilometri a nord-ovest del campo di Yumen vicino alla città a livello di prefettura di Hami nello Xinjiang orientale.
Questa espansione è destinata a cambiare l’arsenale cinese tradizionalmente piccolo e per lo più terrestre. Oltre agli ICBM basati su silos, la Cina sta anche costruendo sottomarini nucleari strategici. Il brusco allontanamento dalla politica nucleare minimalista di vecchia data della Cina e la mancanza di qualsiasi conferma o spiegazione ufficiale cinese hanno contribuito a creare confusione e sospetti sulle intenzioni di Pechino. Temendo che qualsiasi debolezza possa incoraggiare i paesi occidentali a destabilizzare la Cina e minacciare la sicurezza del suo regime, opinion maker cinesi come Hu Xijin (il caporedattore del Global Times, tabloid di proprietà statale) sottolineano che è fondamentale per la Cina costruire rapidamente un arsenale nucleare più grande e opporsi all’aggressione occidentale percepita mostrando forza e determinazione.
Sembra sempre meno promettente che i due paesi possano evitare una corsa agli armamenti nucleari a meno che non riescano ad affrontare e risolvere congiuntamente i loro disaccordi, come il loro grave divario di percezione geopolitica. Infatti, gli Stati Uniti e la Cina oggi sono un po’ come gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica nei primi anni ’60.
Cfr. Zhao, T., What’s Driving China’s Nuclear Buildup?, Carnegie Endowment 05.08.2021
Sul fronte più istituzionale invece, Sprott Inc. (un gestore canadese con AUM di USD 18mld specializzato negli investimenti in commodities e asset reali) ha iniziato ad accumulare uranio da aprile, con in programma di acquistarne ancora di più dopo aver aumentato la potenza di fuoco del trust, che è quotato alla borsa di Toronto, da 300 milioni di dollari iniziali a 1,3 miliardi di dollari. Aggiungendo all’uranio acquisito da un fondo precedente, Sprott ora detiene più di 28 milioni di libbre di uranio, una quantità sufficiente per alimentare l’industria nucleare francese per un anno. La Francia è una delle nazioni più dipendenti dall’energia nucleare, con oltre il 70 per cento dell’elettricità proveniente dal settore.
Inoltre, anche sul fronte domestico l’uranio ha catturato l’attenzione di uno degli investitori globali più sofisticati dello stivale: parliamo di Exor, holding di investimento della famiglia Agnelli-Elkann che risulta esser il quarto azionista con il 2.94% della seconda società per estrazione al mondo già menzionata sopra, Cameco. Al 30 di giugno 2021 infatti, l’investimento nella miniera di uranio risulta essere la prima posizione del veicolo di investimento, al 20% degli asset con un guadagno di circa +50% da inizio anno.
Il mercato dell’uranio è dunque rimasto depresso dopo il disastro nucleare di Fukushima del 2011, che ha interrotto il protrarsi della domanda per il combustibile poiché il Giappone e altri paesi, inclusa la Germania, hanno chiuso le operazioni o annullato nuovi progetti. Tuttavia, essendo una delle fonti di energia più pulite e potenti, l’energia nucleare potrebbe svolgere un ruolo chiave nell’aiutare i paesi a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nella lotta contro il cambiamento climatico.