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| | Geopolitica

Over the top

(foto: Over the top, film 1987)

«Io e i poliziotti non andiamo d’accordo. Loro odiano i violenti, io le gabbie»
(Wolverine, miniserie 1982)

Cosa sta succedendo in Canada? Si può essere comprensibilmente confusi di fronte alle recenti proteste in un Paese che di certo non ha tradizione di disordini politici di massa ed è meglio conosciuto per gli sconfinati giacimenti di materie prime e una popolazione ordinata e composta. Con lo scritto di oggi cerchiamo di leggere tali proteste contro le restrizioni dovute alle misure anticovid nell’ottica di uno scontro politico e sociale più ampio e profondo, in grado di trascendere i confini nazionali ed essere quindi geopoliticamente rilevante anche alle nostre latitudini. Il motivo è presto detto: gli alti tassi di inflazione che riducono il potere di acquisto e gli standard di vita della popolazione, obbligano i governi di tutto il mondo a creare degli elementi di distrazione e a “rafforzare” le modalità di gestione del dissenso.

I fatti.

Per quasi tre settimane, un convoglio di grandi camion commerciali, autoproclamatosi Freedom Convoy, ha bloccato le strade nel centro di Ottawa di fronte agli edifici del Parlamento canadese. Nel frattempo, nel Canada occidentale, un altro gruppo ha bloccato un importante valico di frontiera tra gli Stati Uniti e l’Alberta. Più di recente, i manifestanti hanno bloccato un ponte chiave tra le città di Windsor e Detroit che trasporta più di un quarto di tutto il commercio transfrontaliero Canada-USA.

La scintilla che ha fatto esplodere la protesta è stata la richiesta da parte del governo canadese che tutti i camionisti transfrontalieri fossero vaccinati contro il Covid-19. Anche gli Stati Uniti hanno seguito l’esempio con un obbligo simile per i camionisti provenienti dal Canada e dal Messico.

Pur essendo la stragrande maggioranza dei canadesi già vaccinata, l’obbligo ha provocato la nascita di un “convoglio” spontaneo di camion e dissidenti che si sono recati a Ottawa per far sentire la propria voce. Ciò ha determinato la crescita esponenziale di un movimento populista più ampio che contesta tutte le misure anti Covid-19.

Il Freedom Convoy è stato organizzato da Tamara Lich, Benjamin Dichter e Chris Barber, i quali hanno tenuto una conferenza stampa il 30 gennaio per delineare i loro obiettivi: rimanere pacificamente a Ottawa fino a quando il governo non ripristinerà la libertà di tutti i canadesi revocando tutte le restrizioni anti Covid e consentendo al Paese di tornare alla normalità.

Dal canto suo, il governo canadese, per bocca del premier Justin Trudeau ha affermato che la protesta rappresenta solo una piccola minoranza di canadesi.

Inizialmente, il piano delle autorità è stato quello di fermare le proteste utilizzando le forze di polizia provinciali e municipali, non i militari, con il supporto della polizia nazionale, se necessario. Il premier ha chiesto ai manifestanti di tornare a casa pacificamente, ma li ha minacciati di ingenti multe e di reclusione in caso di rifiuto.  Tuttavia, nonostante gli arresti, le proteste non si sono interrotte.  

I discussi provvedimenti delle autorità. 

Tutto ciò ha portato all’escalation degli ultimi giorni e all’adozione di provvedimenti di grande impatto e che meritano di essere oggetto di attenzione perché sono i segni di una frattura sempre più ampia tra istituzioni e una porzione crescente anche se non ancora maggioritaria della popolazione: il primo atto è stato quello di soffocare qualsiasi finanziamento minacciando i sostenitori della protesta con l’accusa di finanziamento al terrorismo.

Secondo il ministro delle finanze Chrystia Freeland, possibile erede di Trudeau alla guida del Partito Liberal, le piattaforme di crowdfunding dovranno registrarsi presso FINTRAC (Financial Transactions and Reports Analysis Centre of Canada), ossia l’intelligence finanziaria canadese, adibita al controllo ed al tracciamento dei pagamenti per capire chi paga chi, come e perché. Si tratta nei fatti di un allargamento delle normative antiriciclaggio e di contrasto al terrorismo (Baldi, F., Deriva autoritaria in Canada: Trudeau vuole il congelamento extragiudiziale dei conti bancari dei manifestanti, in atlanticoquotidiano.it, 15.02.2022). Inoltre, lunedì scorso, Trudeau ha invocato l’uso eccezionale dell’Emergency Measures Act, una decisione che, per la prima volta dopo mezzo secolo, consente al governo di sospendere le libertà civili per ripristinare l’ordine pubblico (si potrebbe quasi dire “legge marziale”).  La parola passa ora al Parlamento, con il sì scontato del Partito Liberal.

La pagina GoFundMe del gruppo che dal 23 gennaio aveva raccolto oltre dieci milioni di dollari canadesi per coprire il costo del viaggio e per supportare i camionisti, ha affermato che la campagna è stata sospesa e che tratterrà i milioni di dollari raccolti ed il suo CEO, Tim Cadogan, ha dichiarato che l’azienda ha “una responsabilità nei confronti della società” e quindi “vietiamo la promozione della disinformazione, o la promozione dell’odio o della discriminazione, o l’uso di una campagna per intimidire qualcuno o discriminare, o per promuovere la violenza o terrorismo” (Cfr. Snyder, J., Is GoFundMe violating its own terms of service on the ‘freedom convoy?’, in theconversation.com, 02.02.2022). Fatto tanto più importante in quanto per la prima volta una piattaforma centralizzata decide che i fondi raccolti non verranno distribuiti alle persone per cui erano destinati (Cfr. Cheong, I.M., Freedom Convoy gets backing from cryptocurrency community through Tallycoin, in rebelnews.com, 10.02.2022).

Bitcoin e/è libertà.

Tuttavia, il Freedom Convoy in Canada ha trovato sostenitori inaspettati dalla comunità dei bitcoiners sotto forma di un gruppo che si fa chiamare Honkhonk Hodl. Su Twitter, i bitcoiners si descrivono come un’iniziativa a sostegno degli autotrasportatori canadesi con l’obiettivo di consentire alla gente comune di ottenere la libertà dalla finanza centralizzata e avere la piena disponibilità del proprio denaro, in opposizione al sistema rappresentato dalla valuta fiat, dai debiti e dai sistemi finanziari legacy e alla possibilità che le élite, mediante la progressiva implementazione delle tecnologie digitali e a forme potenzialmente permanenti di tracciamento, possano controllare i cittadini ed i loro conti corrente. Honkhonk Hodl ha sviluppato una campagna di crowdfunding su Tallycoin (Cfr. https://tallyco.in/s/1lqfwb/) per supportare Freedom Convoy.

Vale la pena notare che la mossa per supportare il convoglio tramite Bitcoin non è stata stabilita in seguito al deplatforming arbitrario di GoFundMe ma indipendentemente da ciò, proprio in previsione della mossa della piattaforma di crowdfunding.

Dal suo lancio, la raccolta fondi Honkhonk Hodl su Tallycoin ha ricevuto una serie di donazioni di alto profilo, tra cui Jesse Powell, cofondatore e CEO dell’exchange di criptovalute Kraken, per un importo di 43.592 dollari. Su Twitter, Powell ha espresso il suo sostegno al Freedom Convoy. Il crowdfunding ha ricevuto fino a 4.590 donatori individuali che hanno donato al fondo più di 14,6 Btc, con altri cinque promessi.

Le proteste arrivano in un momento in cui è forte il malcontento per lo status quo: i canadesi hanno espresso inquietudine per l’aumento dei prezzi delle case, l’inflazione e i problemi della catena di approvvigionamento. Insomma, è forte la sensazione che i leader politici abbiano sottoperformato su tutto, dalla gestione della pandemia al caro prezzi.

A tal proposito, Mauro Bottarelli suggerisce che i duri provvedimenti del governo possono trovar ragione anche nel timore dell’effetto subprime su migliaia di canadesi che potrebbero vedersi pignorata la casa dopo quattro anni di mercato immobiliare fuori controllo, come dimostrerebbe il grafico di seguito riportato (Cfr. Bottarelli, M., SPY FINANZA/Se la guerra dei superbonus trova una spiegazione in Canada, in ilsussiediario.net, 17.02.2022).

Inoltre, non va sottovalutato il fatto che l’insoddisfazione nei confronti dell’attuale classe dirigente sta alimentando anche un forte separatismo. Tradizionalmente, il separatismo in Canada è associato ai movimenti che mirano a separare la provincia francofona del Quebec dal Canada anglofono. Tuttavia, anche parti del Canada anglofono non sono d’accordo con Ottawa e la sua tendenza a voler imporre i dogmi del politicamente corretto (come di tutte le regioni metropolitane occidentali). In particolare, è la provincia dell’Alberta, dove la sensibilità prevalente non è troppo dissimile da quella degli Stati delle montagne occidentali statunitensi come Wyoming, Montana e Idaho, a manifestare pulsioni separatiste.

Infine, ad esacerbarelo scontro è anche la politica energetica canadese. In termini di economia energetica, gli interessi dell’Alberta e di Ottawa non potrebbero essere più distanti: il governo federale sposa la transizione green mentre i canadesi delle praterie per il loro sostentamento dipendono dall’industria del gas naturale. L’Alberta non solo produce il 71% del gas naturale commerciato in Canada ma qui e in Saskatchewan vi sono le terze maggiori riserve di petrolio al mondo.

Se in precedenza i conservatori canadesi si lamentavano delle fondazioni statunitensi che finanziavano l’attivismo ambientale contro l’industria petrolifera dell’Alberta con l’appoggio di Barack Obama e Hillary Clinton, entrambi sostenitori di Trudeau nelle passate elezioni, oggi è l’ex presidente Donald Trump a dominare la scena, allineando i conservatori canadesi alle sue posizioni, approvando il Freedom Convoy e attaccando pesantemente il premier Trudeau.

Si può quindi affermare che il caos dei convogli non avrebbe dovuto sorprendere.

A rendere i fatti canadesi degni di nota si aggiunge anche altro: la protesta canadese è appoggiata apertamente da Donald Trump e da figure ufficiali statunitensi come il governatore della Florida Ron De Santis che ha promesso un’azione contro GoFundMe per aver annullato la raccolta fondi, il senatore Rand Paul o il procuratore generale del Texas che invitano a finanziarla, nonché testate come Fox News o imprenditori come Elon Musk (Cfr. https://www.foxnews.com/media/canadian-freedom-convoy-protester-holds-firm-against-vaccine-mandates).

Alcuni politici conservatori canadesi, in appoggio ai manifestanti, sono sempre più in sintonia con la “trumpizzazione” del Partito Repubblicano degli Stati Uniti, allontanando i conservatori moderati. Nell’ultimo anno, i partiti hanno alimentato le divisioni emerse sui vaccini nella società canadese: Trudeau ha indetto le elezioni ad agosto, sperando di trasformare un governo di minoranza in una maggioranza ottenendo però meno voti del Partito Conservatore per la seconda elezione consecutiva. Dal canto suo, l’on. Candice Bergen, leader del Partito conservatore del Canada, ha rilasciato una dichiarazione in cui invita i liberal a revocare tutte le restrizioni, accusando Justin Trudeau di usare la pandemia per dividere e stigmatizzare i canadesi. Inoltre, continua la Bergen, Paesi come Irlanda, Svezia, Norvegia, Israele, Repubblica Ceca, Regno Unito, Spagna e Danimarca stanno tutti rimuovendo le restrizioni, nonostante abbiano tassi di vaccinazione inferiori rispetto al Canada (Cfr. https://www.conservative.ca/conservatives-call-for-a-plan-to-end-all-federal-mandates-and-restrictions/).

La ripresa economica del 2021, contraccolpo allo stop da lockdown del 2020, ha determinato un’impennata dei consumi e la conseguente crisi sia delle filiere di approvvigionamento sia del settore energetico. Gli stravolgimenti provocati dal virus fanno sì che le élite globaliste rispondano promuovendo la necessità di azioni collettive globali. Così, ad esempio, il “cambiamento climatico” spinge i leader delle economie avanzate a concepire ambiziosi programmi green e di transizione digitale sotto la spinta delle multinazionali del tech nel tentativo di salvare la globalizzazione.

Questi mutamenti, però, parallelamente stanno accelerando il processo di deglobalizzazione e danno nuova linfa ai movimenti nazionalisti e populisti, insieme ad una tendenza protezionistica su scala mondiale. La Brexit e la guerra commerciale sino-statunitense sono chiari segnali di questo processo.

Il paradigma che appare, quindi, all’orizzonte è sempre più quello di alleanze bilaterali che potrebbero soppiantare le strutture multilaterali e la ricostruzione delle rispettive comunità politico-economiche dentro i confini nazionali (Cfr. Colibasanu, A., Il virus avvita la globalizzazione, in Limes, L’Altro virus, n. 1/2022).

All’interno di questo quadro generale, dunque, è la frattura interna americana a rappresentare uno dei fenomeni geopolitici più importanti del nostro tempo.

Da un lato perché coinvolge profondamente l’Egemone con  una progressiva “polarizzazione” della divisione interna: una frattura che si allarga sempre più tra i due campi repubblicano e democratico; tra quello identitario, rurale, profondamente religioso, insofferente al controllo digitale e antiglobalista dell’America bianca depauperata dalla globalizzazione e minacciata dalla crescita delle minoranze di ceppo non europeo e quello delle élite cittadine, globaliste, ulteriormente arricchite, laiche e politicamente corrette, essenzialmente votate alle nuove tendenze tecnoautoritarie.

Se la nazione che guida l’impero è divisa non può gestire al meglio la sua smisurata estroflessione come quando è compatta al suo interno.

Dall’altro, perché questo duro scontro si allarga evidentemente oltre i confini dell’America, nelle province dell’impero, in Canada ma anche in Europa, dove Freedom Convoy è arrivato.

Chiudiamo in modo inconsueto, suggerendo l’approccio a un universo narrativo diverso dalla letteratura ma non per questo incapace di affrontare tematiche di grande interesse: i comics. In omaggio al Canada, abbiamo scelto Wolverine, uno dei personaggi più apprezzati dai Marvel fans, noto a tutti, sia per l’indubbio carisma sia per gli innumerevoli misteri collegati alle sue vicende e, soprattutto, alle sue origini. Wolverine è un mutante canadese che, come gli altri X-Men, non trae i suoi superpoteri da un qualche incidente ma, appunto, da una mutazione del DNA. Questo è ciò che rende i mutanti diversi e temuti dal resto degli umani e, perciò, perseguitati e oggetto di leggi speciali che ne limitano la libertà. Le origini di Logan (Wolverine) sono molto complesse e l’identità dell’uomo che lo ha sottoposto all’esperimento che lo ha dotato di uno scheletro di adamantio non è certamente l’unico segreto che lo riguarda. In Origins, armato dell’unica cosa che potrebbe ucciderlo, oltre a indizi chiave della sua stessa esistenza, il canadese artigliato intraprende una lunga e sanguinosa ricerca di vendetta contro coloro che un tempo lo hanno ridotto in schiavitù.

Lugano, 20/02/2022

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