“I just want a Picasso, in my casa
No, my castle
I’m a hassa, no I’m a asshole
I’m never satisfied, can’t knock my hustle“
Picasso Baby – Jay Z
Magna Charta Holy Grail album, 2013
Gli asset da collezione, in virtu’ della propria natura di attivi scarsi, hanno beneficiato negli ultimi anni di una crescita costante in termini di flussi monetari nonché di attenzione crescente, tanto da generare ritorni superiori alla maggior parte delle asset class tradizionali. La pioggia di liquidità innescata dalle banche centrali, nonché la crescita vertiginosa di ricchezza che ha interessato in particolare l’1% della popolazione, hanno fatto si che questa classe di attivi potesse assolvere alla seguente trifecta: (i) passione, (ii) difesa da inflazione e (iii) generazione di ritorni non correlati e superiori alla media.
Con la Side View di oggi diamo spazio all’approfondimento delle dinamiche di questo spazio: lo facciamo attraverso un’intervista al dott. Adriano Picinati di Torcello, direttore global del dipartimento Art & Finance di Deloitte, che da diversi anni è punto di riferimento nell’analisi dei trend legati all’intersezione tra il mondo del collezionismo e gli investimenti.
Come hanno reagito il mondo del collezionismo e dell’arte agli anni di pandemia e, in generale, al periodo di grande incertezza che stiamo affrontando? Ci sono settori o particolari verticali che hanno risentito più di altri?
Durante la pandemia, il macro-trend di trasformazione che il mondo dell’arte stava sperimentando da tempo ha subito una brusca accelerazione, forzando i player che lo popolano a ricercare modelli di business più innovativi e resilienti. Uno dei cambiamenti più importanti che abbiamo notato in questo periodo è stato quello legato alla digitalizzazione, che si è manifestato in particolar modo sulle vendite online: nel 2021 circa il 10% delle vendite tramite asta è stato realizzato online, una percentuale inimmaginabile solo qualche anno fa (come evidenziato dal grafico qui sotto, tratto dal “Deloitte Art & Finance report 2021”). Oggi invece è ritenuta la normalità, e questo dato è destinato a crescere ulteriormente nel tempo.
Parlando di mercato, le aste di maggio di New York ci forniscono alcuni dati che ci aiutano a descriverne lo stato di salute: in due settimane sono state vendute opere per un valore totale di 2.5BN USD (come riportato anche dal New York Times nell’immagine qui sotto), segnale di grande interesse verso questo spazio, soprattutto per quanto riguarda la “quality art” (gli artisti più rinomati) e le nuove generazioni di artisti (quelli entro i 45 anni di età). Tra i record che si sono registrati in questo contesto, la casa d’aste Phillips ha avuto la sua miglior seduta di tutti i tempi e le vendite combinate di Sotheby’s, Christies’s e la stessa Phillips hanno superato del 1.5% il precedente record del 2018, guidate senza dubbio dal grande interesse nei confronti delle straordinarie opere d’arte proposte in vendita.
Il mercato sembra quindi essere molto solido, con una grande domanda per le opere degli artisti più celebri, ma che allo stesso tempo vede nella ricerca di opere di artisti più giovani un trend sempre più consolidato. Tuttavia, occorre essere molto prudenti nelle proiezioni verso il futuro, poiché neanche questo settore è immune a shock, e il contesto attuale lascia molto spazio all’incertezza: pensiamo ad esempio alla situazione geopolitica attuale o al contesto macroeconomico che stiamo navigando. È importante quindi essere molto prudenti sul futuro, anche in considerazione del fatto che l’esperienza ci suggerisce che il mondo dell’arte è in ritardo di 6 – 12 mesi rispetto all’andamento degli altri settori dell’economia. Ed è inoltre importante tenere in considerazione che collezioni come quelle proposte nelle scorse settimane non capitano tutti i giorni, sono situazioni più uniche che rare ed è con questo fatto in testa che vanno interpretati i numeri sopra descritti.
È però evidente che la grande quantità di denaro a disposizione nel mercato, tra i soldi risparmiati nel periodo pandemico e la crescita a livello globale del numero di UHNWI sono due fattori che catalizzano l’attenzione su opere d’arte iconiche, che soddisfino il bisogno di auto-realizzazione da parte dei collezionisti.
In che modo lo scenario attuale, in cui l’inflazione torna ad essere un elemento centrale nella conservazione del capitale nel tempo, sta influenzando le dinamiche di collezionismo?
Le ricerche accademiche suggeriscono che i pezzi d’arte e gli oggetti da collezione sono in genere considerati come una protezione contro le dinamiche inflattive, ma dobbiamo prestare attenzione a trarre facili conclusioni perché questo è un mercato molto particolare. L’arte tende a preservare il suo valore nel tempo come altri capital asset, ma ogni oggetto collezionato ha le sue specificità in questo senso: ad esempio le borse e gli orologi tendono ad offrire più protezione contro dinamiche inflattive importanti, come evidenziato in un report realizzato in collaborazione con Credit Suisse. In generale, ogni oggetto da collezione di primo livello in qualche modo offre protezione contro l’inflazione, ma i dati che abbiamo a disposizione dimostrano che certe categorie si muovono in modo più dinamico rispetto ad altre in un contesto di inflazione galoppante come quello attuale (come evidenziato dalla tabella qui sotto, estratta dal medesimo report).
Quali sono i trend più interessanti e curiosi che si stanno osservando a livello globale?
Vediamo tre macro-trend in questo settore. In prima battuta, si sente spesso parlare di investimento ad impatto sociale e culturale, un fenomeno che non si limita al mondo dei passion asset ma possiamo dire che sia uno dei maggiori trend a livello globale. Un secondo elemento importante è legato ai diversi approcci che le nuove generazioni di collezionisti hanno nei confronti del collezionismo rispetto a quelle precedenti: è impensabile immaginarsi che i giovani di oggi collezionino gli stessi oggetti dei loro nonni. È diverso anche il modo in cui interagiscono con la tecnologia, hanno un forte bisogno di trasparenza e su questo di sicuro la blockchain, di cui parleremo anche in seguito, può essere un fattore. Anche il loro interesse nei confronti dell’arte digitale si inserisce in questo ragionamento, pensiamo ad esempio al mondo degli NFT di cui tanto si sente parlare. Il terzo punto che voglio sollevare è legato al crescente interesse verso il mondo della blockchain e al fatto che l’arte è sempre più considerata un asset alternativo come forma d’investimento: la tokenizzazione di opere abilitata dalla blockchain e la possibilità di suddividere la proprietà di un‘opera da collezione (fractional ownership) sono dimensioni molto interessanti. In Svizzera ci sono state alcune iniziative legate al frazionamento della proprietà di orologi, macchine, dipinti, e qui le domande a cui per il momento nessuno sa rispondere sono: c’è mercato per questo? Come si svilupperà l’apparato regolatorio? Come cambia l’approccio alla gestione della ricchezza in questo contesto? Sono tutti punti aperti.
Quali sono gli errori più comuni che vengono fatti quando si parla di investimenti in arte e collectibles?
La maggior parte dei collezionisti compra sulla base delle emozioni, non agisce in modo razionale (tanto che si parla di passion asset), anche se tutti sono convinti di affrontare un investimento in questo spazio con l’ottica di preservazione o accrescimento del capitale. Quando si inizia a collezionare è importante capire quali sono i segmenti che interessano di più, quali tengono maggiormente ingaggiato il collezionista nel lungo periodo: avere una prospettiva a lungo termine è fondamentale, soprattutto quando lo spirito va nella direzione di costruire una vera e propria collezione. E per questo è fondamentare condurre le proprie ricerche sull’argomento, diventando esperti della materia e non affidandosi solo a pareri di esterni. È un processo di self-education. Bisogna studiare sempre prima di affrontare un investimento o comprare qualcosa che non si conosce alla perfezione: lasciarsi guidare dalle emozioni è senza dubbio importante in questo mondo, ma può portare a commettere errori. Step back, think twice, do your own research. No rush. Soprattutto quando si ha una prospettiva legata anche all’investimento.
Poi c’è il fatto che spesso, soprattutto all’inizio, una persona non si rende conto di essere collezionista: acquista prima un pezzo, poi un altro e dopo un altro ancora e accresce collezioni senza avere bene il polso della situazione o una visione olistica della stessa.
Un consiglio che diamo sempre è di avere sotto controllo in ogni momento una sorta di inventario dei pezzi che compongono la collezione, tenendo i relativi documenti, facendoli valutare nel tempo, assicurandoli. Insomma, prendersi cura dei propri asset. A seconda della tipologia delle collezioni cambiano anche i rischi collegati ad essa, ed è importante conoscerli per gestirli correttamente. Un fatto curioso è che, ad esempio, si tendono a mettere in cassaforte gli orologi, mentre i quadri magari dello stesso valore restano esposti in casa, soggetti a rischi di danneggiamento. Anche sotto questo aspetto la cultura è centrale: bisogna essere coscienti del fatto che gli oggetti da collezione vanno protetti e preservati per le generazioni future, in modo da garantire che il loro valore si mantenga o cresca nel tempo, evitando il rischio che si svaluti inutilmente, magari anche solo perché si perdono documenti legati all’opera.
Per questi motivi è importante che questi tipi di attivi patrimoniali siano oggetto di confronto e dialogo esattamente come le altre asset class, coinvolgendo il prima possibile le generazioni future in questi ragionamenti. Ancora una volta, la pianificazione gioca un ruolo centrale. E se non ci sono generazioni di eredi cosa ha senso fare? Si pensa di destinare tutto a scopi filantropici come ad esempio a fondazioni? O ha più senso donare ad un ente? In caso, a chi? Sono tutte domande che spesso non ci si pone, non affrontando a livello collegiale l’argomento “opere d’arte”. È spesso tutto improntato sulle passioni di un singolo individuo: “mi piacciono le auto, colleziono auto”.
Come suggerisce di affrontare un momento delicato come il passaggio generazionale quando si tratta di passion asset? Come si stanno approcciando le nuove generazioni al mondo del collezionismo?
Come anticipato, le collezioni devono essere gestite esattamente come tutte le altre forme di asset: è importante avere un piano di lungo periodo che tenga in considerazione anche eventuali generazioni future o, in assenza di esse, cosa si prevede di fare con la collezione. Per esempio, è utile chiedersi: si prevede di vendere tutto? Con quale strategia di vendita? Si preferisce destinare tutto ad attività filantropiche? La pianificazione anche in questo mondo risulta quindi fondamentale. Spesso però anche il proprio partner è lasciato fuori da questi discorsi, ancor di più le generazioni più giovani, proprio perché il tema dell’arte è percepito come molto intimo e personale per il fatto che è guidato dalle proprie passioni e dalle proprie emozioni: le passioni vanno spiegate, comunicate, raccontate per ingaggiare altre persone. E non è detto che la passione per questo venga poi condivisa.
Purtroppo, di solito non si è molto preparati a questo passaggio di testimone. Non ci sono piani. Il nostro ultimo report su Art & Finance evidenzia, ad esempio, che solo il 43% dei gestori patrimoniali ritiene che la pianificazione dei propri clienti sia ad un livello sufficiente per quanto riguarda le collezioni d’arte, mentre quando si parla di pianificazione a lungo termine, solo il 12% dei collezionisti ha dichiarato di aver formalizzato un documento con il proprio consulente. Inoltre, quando si parla di dialogo con i potenziali eredi, il 57% dei collezionisti che abbiamo intervistato non ha ancora aperto un dialogo con essi sul destino della collezione: la preparazione a livello generale è quindi ancora molto bassa e c’è ancora tanto da lavorare. Questo avviene proprio perché le collezioni non sono ancora viste come asset veri e propri, ma come qualcosa di accumulato nel tempo che rientra nel mondo delle passioni. Soprattutto oggi, che c’è un grande trasferimento di ricchezza che dovrà avvenire tra generazioni, questo paradigma deve cambiare: si parla di USD 15tn di asset che si trasferirà nei prossimi 10 anni, tra i quali ci sono ovviamente anche opere d’arte e oggetti da collezione, che vanno organizzati e pianificati in modo appropriato. In questo il ruolo di consulenti di fiducia della famiglia risulta essere centrale.
Come molti settori, anche quello legato all’arte si affaccia ad un momento di discontinuità come conseguenza della diffusione della blockchain, che promette di democratizzare l’accesso all’arte e facilitare la monetizzazione del proprio talento: come pensa che queste innovazioni possano impattare nel mondo del collezionismo?
Siamo davvero alle fasi iniziali di questa era, la tecnologia di per sé può essere uno strumento per ridurre i rischi in quanto favorisce la trasparenza, essendo tutti i movimenti salvati all’interno dei vari blocchi. Il potenziale c’è tutto, ma siamo ancora lontani al momento da un’adozione di massa, che, per forza di cose, richiederà ancora del tempo. Tuttavia sin da ora gli NFT, hanno dimostrato di poter introdurre un elemento di scarsità negli asset digitali, supportando i collezionisti nel garantire unicità ad un pezzo di arte digitale. Tuttavia, ci sono ancora molti problemi legati a frodi, rischi legati alla sicurezza. Nel lungo termine, gli NFT non saranno solo per arte e digitale, ma andranno oltre questo aspetto. Hanno le caratteristiche per essere un ottimo tool per i creator per monetizzare il loro talento, dalla musica al cinema ecc.
Come ogni novità ci sono fasi di irrazionalità, come c’è stata negli anni 2000 con la bolla dot com, per cui è importante valutare i fondamentali della tecnologia, che riteniamo promettano molto bene. Va gestito un trade off da un modello totalmente decentralizzato e un modello con intermediari e quindi un certo livello di centralizzazione, che però garantisce protezione e controllo sui processi. Va trovato il giusto compromesso per la crescita nel lungo periodo. Secondo il mio punto di vista questo è un trend che continuerà e che contribuirà alla crescita di questo mercato, andando a complementare le forme di arte tradizionali. I nuovi collezionisti vogliono vivere l’emozione dell’esperienza, non vogliono perdere tempo nella ricerca, per cui la tecnologia può contribuire in questo senso. La tecnologia può anche supportare altri stakeholder come musei e artisti.
Stiamo poi assistendo alla nascita di nuovi modelli a sostegno di iniziative filantropiche grazie alla tecnologia blockchain: oggi i musei stanno emettendo NFT di copie di opere d’arte reali per supportare la crescita dei musei stessi, spesso i ticket vengono già venduti come NFT.
In chiusura, una domanda personale: qual è stato il miglior consiglio ricevuto per quanto riguarda il collezionismo?
È difficile darne uno unico, ma probabilmente è: compra quello che ti piace, quello che ti emoziona e ti dà soddisfazione, ma fallo in “an educated way”. È l’unico modo per continuare ad essere contenti di quello che si è acquistato anche a distanza di anni.
Lugano, 10/07/2022