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Filentropia

(foto: The day after tomorrow)

You know I’ve seen a lot of what the world can do
And it’s breaking my heart in two
Because I never want to see you sad, girl
Don’t be a bad girl
But if you want to leave, take good care
Hope you make a lot of nice friends out there
But just remember there’s a lot of bad and beware

Wild World, Cat Stevens
Footsteps in the night album

Entropia è un concetto che ricaviamo dalla termodinamica che possiamo avvicinare al concetto di trasformazione: quando un sistema passa da uno stato di equilibrio ordinato a uno disordinato la sua entropia aumenta. Da qui, giocando con le parole, prendiamo spunto per il titolo di questa prima Side View dedicata a un tema fino ad oggi toccato solo lateralmente: la filantropia.

Come in tutto, anche in questo caso panta rei, tutto scorre, e mutazioni importanti si stanno diffondendo in tutto il paesaggio filantropico, grazie soprattutto al principale agente di questo cambiamento: le famiglie. Il binomio “wealth-responsibility” si sta rafforzando, in un contesto globale in mutamento, caratterizzato da un lato da comunità consistenti che non hanno gli strumenti per emanciparsi, e dall’altro lato da sempre più famiglie che decidono di intraprendere dei percorsi filantropici non solo per dare un contributo significativo alla società, ma anche per portare avanti una propria eredità etica, per coinvolgere tutti i membri intorno a un progetto comune, per impostare o riaffermare la legacy. La filantropia familiare è sempre di più quindi un veicolo per rafforzare il nucleo delle famiglie ma è anche un impegno, una responsabilità verso la comunità. Se si aggiungono inoltre all’equazione due fattori come la fiducia nei confronti delle istituzioni ai minimi storici e l’attenzione delle generazioni più giovani alle cause sociali ai massimi, è facile intuire come questo spazio e le relative iniziative private, stiano vivendo un periodo particolarmente dinamico.

La crescente disuguaglianza sociale ed economica ha radici strutturali, difficilmente sradicabili da semplici donazioni e ridistribuzioni delle risorse attuali. È necessario quindi un cambio di postura nei confronti di tali progetti, per fare in modo che la famiglia che li mette in atto possa contribuire a impattare positivamente non solo nel contesto in cui si inserisce, ma anche nella società a livello generale. Tali sfide chiamano ad un ripensamento profondo delle modalità di approccio a questo mondo da sempre caro alle famiglie imprenditoriali.

FILANTROCAPITALISMO
Esiste un compromesso regolativo grazie al quale Stato, società civile e mercato si coordinano e lavorano congiuntamente al benessere sociale. Nella filantropia l’interesse collettivo deve essere maggiore dell’-auto-interesse, nonostante la generosità sia sempre un investimento. La nuova filantropia è caratterizzata dal binomio benevolenza-business, dove l’anima oblativa dell’azione filantropica rimane al centro e spinge il filantropo a risolvere vecchi problemi in un’ottica innovativa e rivoluzionaria.

In altri termini, a fronte di un aumento sempre maggiore del tasso di complessità globale, le attività di beneficenza, sebbene in grado di individuare i cambiamenti sistemici in atto, rischiano di rivelarsi inadatte o, quanto meno, sub-ottimali: queste sono spesso concepite per avere un orizzonte temporale breve, risultati che danno visibilità ma non necessariamente efficaci, e pieno controllo dell’iniziativa, anziché essere volte ad iniziative di lungo periodo in grado di produrre cambiamenti duraturi e profondi ma con un minore potere di orientamento da parte del donatore, rispetto alla beneficenza.

Nello scritto di questa settimana abbiamo quindi l’obiettivo di analizzare quali sono le trasformazioni principali che stanno avvenendo in questo settore, quali sono i rischi per le famiglie nel rimanere ancorati ad una visione delle attività di “giving back” limitata alla beneficenza e la necessità di passare ad un approccio che possiamo definire di “filantropia strategica”.

Iniziamo prendendo in esame i dati relativi alle donazioni avvenute dal 2020 ad oggi in ambito sanitario (Fig. 1) e in ambito relativo alla protezione ambientale e al cambiamento climatico (Fig. 2) possiamo osservare la consistenza dei grants elargiti negli ultimi 3 anni da filantropi e dunque del crescente coinvolgimento di questi nei problemi globali. Anche in questo campo, gli Stati Uniti sono un benchmark importante per comprendere in che direzione si sta evolvendo questo spazio.

Fig. 1 – Fonte: Foundation Maps

Fig. 2 – Fonte: Foundation Maps

Qualche numero può aiutare a contestualizzare il fenomeno in modo più analitico. Secondo dati raccolti dalle analisi di ISTAT, ACRI (Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio), e ASSIFERO (Associazione Italiana Fondazioni ed Enti Filantropici), ad oggi ci sono poco meno di 8.000 fondazioni filantropiche in Italia, con un pool di assets di EUR 39.7 bn e uno speso annuale di EUR 950 mln dalle sole fondazioni di origine bancaria. I dati relativi alle Fondazioni di Impresa, Fondazioni di Comunità e alle Fondazioni di Famiglia sono più difficili da reperire poiché soggette a un minore scrutinio da parte degli enti istituzionali o per un desiderio di anonimato da parte dei filantropi. Come detto, il mercato di riferimento rimane anche in questo caso quello statunitense, spinto dall’IRS (Internal Revenue Service) che incentiva enormemente le donazioni, permettendo il fino al 60% di detrazione fiscale: il totale donato negli USA lo scorso anno ammonta a quasi USD 485 bn.

Panta rei

Come anticipato, complici una sempre maggiore attenzione delle generazioni più giovani alle cause sociali e situazioni di emergenza che chiamano individui e famiglie a donare, questo mondo sta vivendo un periodo di intense trasformazioni.

Le analisi del Centro sulla Filantropia e la Società Civile della Standford University dimostrano che negli ultimi anni sono emersi alcuni trend che meritano attenzione: generosità incessante in tempi difficili come quelli sperimentati recentemente, sempre maggior diffusione dei “mega-donatori” (grafico qui sotto), maggiore sofisticazione da parte di chi si avvicina a questo mondo e una nuova generazione che sta strutturando un modello più sostenibile e innovativo.

Altre tendenze che, nello specifico, meritano una menzione sono:

  • La comparsa del binomio ESG e Filantropia: le imprese e le famiglie prendono sempre più in considerazioni i fattori ambientali, sociali e di governance nelle loro scelte. Queste si distinguono per i principi etici e le buone pratiche, caratterizzandosi come virtuose e quindi meritevoli di investimenti;
  • La comparsa di modelli di strutture organizzative più sofisticate, gestite da professionisti e talenti: la complessità del panorama internazionale legato all’aiuto, alla cooperazione e alla filantropia richiede degli interventi strutturati e coordinati. Anche l’apparato normativo è sempre più complesso, e sono sempre di più le strutture organizzative a disposizione di chi si vuole impegnare in questo spazio. Un esempio concreto è costituito dal Donor-Advised Fund, un veicolo che sta prendendo sempre più piede negli Stati Uniti (grafico sotto, tratto da BusinessWire).
  • Lo shift di attenzione dagli investimenti sociali a breve termine a quelli a lungo termine. La filantropia esiste infatti su due presupposti centrali: le cose spesso vanno male, le cose possono sempre andare meglio. Investire sul lungo termine richiede un impegno maggiore e presuppone che il filantropo abbia una visione innovativa, ma è l’unico modo per fare la differenza.

Evitare gli autogol

Può sembrare forse paradossale, ma anche un’attività mossa da nobili intenti può provocare danni importanti, se non condotta seguendo un processo di lavoro preciso e strutturato. Un errore che comunemente si osserva, ad esempio, è quello di donare senza condurre un’analisi preventiva dei bisogni che si vogliono soddisfare o ignorando il contesto verso il quale si desidera avere un impatto. La conseguenza di tale superficialità può non solo vanificare lo sforzo e l’impegno economico, ma ancor peggio può arrivare ad essere dannosa per l’ente che si vuole aiutare. Alcuni esempi qui sotto riportati, che coinvolgono istituzioni che dovrebbero avere tutti gli strumenti per impattare positivamente, contribuiscono a dimostrare come sia più facile di quanto si possa immaginare impattare negativamente.

  • South African Department of Water insieme al Roundabout Water Solutions ha lanciato il tanto celebrato “Progetto PlayPump”, una tecnologia che avrebbe dovuto portare acqua potabile a migliaia di comunità africane sfruttando il potere di un parcogiochi: mentre i bambini giocano sulla giostra, l’acqua viene pompata in un serbatoio di stoccaggio ed è quindi disponibile su richiesta.
    L’idea alla base di PlayPump è semplice, e non è difficile capire l’entusiasmo attorno all’iniziativa. Sviluppato per la prima volta nel 1989, PlayPumps ha guadagnato una quantità enorme di attenzione a metà degli anni 2000, con milioni di dollari impegnati e una lista di sostenitori che comprendeva Hillary Clinton, George e Laura Bush. Ma si è rivelato un fallimento a tutti i livelli: basti pensare che per pompare la quantità di acqua che PlayPumps International sosteneva di poter usare, le pompe avrebbero dovuto essere usate per più di 24 ore al giorno. Il progetto è stato gradualmente smantellato, ma in molti casi il PlayPump è stato installato al posto di una pompa preesistente e funzionante, andando quindi a peggiorare una situazione già critica.
  • Il Governo Norvegese ha donato EUR 22 mln all’Uganda per un progetto che creasse nuovi posti di lavoro per il popolo Turkana nell’ambito della pesca e della lavorazione del pesce da esportazione. Tuttavia, i Turkana sono nomadi senza alcuna storia di pesca o di consumo di pesce. L’impianto fu completato e gestito per alcuni giorni, prima di essere chiuso poco dopo. Inoltre, il costo per far funzionare i congelatori e la domanda di acqua pulita nel deserto si erano rivelati troppo elevati. In questo caso non è stata fatta un’analisi culturale preliminare e il progetto è stato implementato in modalità “top-down”. Non rispondendo a dei bisogni specifici, l’intervento si è rivelato vano.
  • World Bank, European Investment Bank, African Development Bank hanno donato USD 3.5 bn per finanziare il progetto «Lesotho Highlands water project» in Lesotho per deviare l’acqua dolce dalle montagne con l’obiettivo di fornire alcune città e villaggi circostanti. La deviazione del corso d’acqua ha però causato gravi danni ambientali a valle e il prezzo dell’elettricità era comunque troppo alto per i cittadini che avrebbero dovuto beneficiarne. Il progetto è stato chiuso dopo 10 anni. In questo caso gli errori hanno riguardato la fase di analisi circa la sostenibilità dell’intervento e, oltre al dispendio di fondi e tempo, sono stati causati dei danni a delle comunità già vulnerabili e fragili.

Un’evoluzione necessaria: da beneficenza a filantropia strategica

Che postura adottare quindi per massimizzare l’impatto della propria attività di “giving back”? Beneficenza e filantropia sono attività diverse nella sostanza, oltre che dal punto di vista concettuale: mentre alcuni utilizzano i due termini in modo intercambiabile, la filantropia fa riferimento ad una serie di pratiche che hanno lo scopo di innescare cambiamenti sociali a cui la beneficenza non arriva. Il ruolo della filantropia è infatti quello di aiutare la società o i gruppi nella comunità a prosperare nel lungo periodo, è un propellente che spinge i beneficiari a giocare un ruolo attivo nella risoluzione dei problemi e in questo modo agisce sulle cause principali di un problema. Steve Gunderson, ex Presidente e CEO del Consiglio delle Fondazioni, ha descritto la differenza tra beneficenza e filantropia come segue: “La carità tende ad essere una risposta immediata, emotiva, a breve termine, focalizzata principalmente sul salvataggio e il sollievo, mentre la filantropia è molto più a lungo termine, più strategica, focalizzata sulla ricostruzione”. La beneficenza, quindi, non arriva al cuore del problema, al contrario di quanto si pone di fare la filantropia. La filantropia si differenzia dalla beneficenza perché vuol essere più audace, punta ad obiettivi più grandi, mira a risolvere i problemi alle radici, vuole innescare dei cambiamenti sistemici, e lo fa cum grano salis. Si muove con la consapevolezza che i progetti di supporto locale o globale dovrebbero avere un unico obiettivo a lungo termine: diventare obsoleti. La filantropia si pone come promotrice di un cambiamento che si auto-alimenta, uscendo dalla spirale che fa dipendere la comunità beneficiaria dall’intervento esterno.

Un approccio result-oriented come quello descritto, unita alla complessità crescente in questo mondo sia dal punto di vista normativo che delle alternative a disposizione di chi desidera intraprendere questo percorso, non può che essere abilitato dalla collaborazione con professionisti in materia: la diffusione, negli ultimi anni e principalmente nel mondo anglosassone, dei consulenti filantropici, è un segnale chiaro in questo senso. Il consulente filantropico è una figura professionale in grado di fornire assistenza e offrire soluzioni a quegli imprenditori che intendono creare una family legacy, ovvero trasfondere, di generazione in generazione, i valori della famiglia, riunendo tutti i membri intorno ad un progetto sociale che abbia una struttura solida e che venga fatto nell’ottica di un’effettiva trasformazione sociale.

Innescare un cambiamento sociale rivoluzionario è un’impresa. E proprio come nelle sfide imprenditoriali tanto care alla famiglie del territorio, solo pensiero strategico unito ad un processo di lavoro strutturato possono portare a risultati soddisfacenti, che non derivano mai da un singolo investimento o da una singola decisione. Non mancano per fortuna gli esempi virtuosi di filantropi che siano riusciti a impattare in modo deciso sullo status quo: guardiamo i casi dell’istituzione del 911 come numero emergenziale negli USA o l’introduzione della manovra di risuscitazione cardio-polmonare, pratiche che hanno salvato milioni di vite negli anni: due iniziative lanciate e supportate da fondazioni filantropiche, rispettivamente la Robert Wood Johnson Foundation e la Rotary Foundation.

Approfondimento a cura di Beatrice Marzi

Lugano, 12/03/2023

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