Lo sfondo attorno alla Gioconda di Leonardo Da Vinci, secondo il programma AI Adobe Firefly
Welcome my son
Welcome to the machine
What did you dream?
It’s alright we told you what to dream
Welcome to the machine, Pink Floyd
Wish you were here album, 1975
Durante i primi sei mesi del 2023 gli avanzamenti nello spazio dell’Intelligenza Artificiale (AI) si sono susseguiti ad un ritmo incalzante; l’uscita di chatGPT a fine 2022, un software basato su AI e Machine Learning (ML) in grado di interagire con gli esseri umani, nonché l’applicazione più diretta e vicina ai consumatori, ha sostenuto e sospinto ancora maggiormente l’interesse delle aziende globali nei confronti di questa tecnologia, che sta catalizzando anche l’attenzione ed il capitale degli investitori sui mercati finanziari (e sta contribuendo in maniera sostanziale al rialzo da inizio anno dell’indice azionario S&P 500).
Il 7 ottobre 2022, il Bureau of Industry and Security degli Stati Uniti ha emesso nuovi regolamenti sulle esportazioni di semiconduttori e di alcune apparecchiature legate alla produzione di questi ultimi. Le regole tentano di bloccare l’accesso cinese ai chip di intelligenza artificiale di fascia alta attraverso una combinazione di nuovi controlli su software, persone, trasferimenti di conoscenze, attrezzature di produzione e componenti statunitensi integrati in prodotti stranieri.
La principale differenza nella nuova legislazione sul tema rispetto a quella adottata sino ad oggi è che gli Stati Uniti hanno spostato la loro politica dal semplice tentativo di “tenere indietro” la Cina al tentativo attivo di degradare le sue capacità militari. Mantenere i controlli sulle esportazioni allo stesso livello indipendentemente dai futuri sviluppi tecnologici comporta che l’insieme degli articoli e delle tecnologie controllate diventerà molto più ampio nel tempo. Significa anche che diventerà più difficile e il costo per i produttori statunitensi aumenterà.
Tuttavia, lo scritto odierno non vuole proporsi di descrivere lo “stato dell’arte” dell’Intelligenza Artificiale o analizzare i possibili miglioramenti in termini di produttività che questa tecnologia potrà apportare in tutti i settori quanto più, dopo una breve introduzione per contestualizzare la rilevanza dei semiconduttori per lo sviluppo di questa tecnologia, vuole tentare di analizzare l’AI da un punto di vista alternativo. Proveremo infatti a capire se questa innovazione presenta differenze, similitudini o potenziali spazi di complementarità con il mondo della blockchain, del Web 3.0 e degli asset digitali, non solo dal punto di vista strettamente tecnologico e delle applicazioni ad essa legate ma anche da un punto di vista più ideologico.
I semiconduttori e “l’energia del XXI secolo”
Oggi tutto il mondo dell’elettronica, dai più semplici dispositivi domestici ai super computer più avanzati, richiede l’energia fornita dai semiconduttori. Senza questi ultimi, infatti, sarebbe risultato impossibile raggiungere la crescita economica, tecnologica e scientifica che ha caratterizzato gli ultimi 50 anni.
Fino a prima della pandemia COVID-19 – quando le tensioni geopolitiche erano relativamente basse, le catene di approvvigionamento globali funzionavano senza particolari problemi e le tecnologie di AI e Machine Learning non avevano ancora catturato appieno l’attenzione dell’opinione pubblica – probabilmente non si dava la giusta rilevanza strategica al ruolo dei semiconduttori: questa forma di energia era infatti data abbastanza per scontata, un po’ come quando periodi di petrolio a buon mercato fanno credere ai consumatori che i “prezzi alla pompa” rimarranno bassi per sempre. Sebbene oggi il mondo utilizzi oltre 100 miliardi di chip al giorno (fonte: Matrix Capital Management), l’industria non riesce comunque a produrne abbastanza per soddisfare il bisogno globale: la domanda crescente (e, in un certo senso, “inelastica” agli aumenti di prezzo) per questo tipo di commodity spiega perché i ricavi delle aziende attive nel settore siano aumentati costantemente negli ultimi 30 anni e stiano catturando una quota sempre più ampia del PIL globale (grafico sotto ).
Durante l’intero 2022, gli investimenti globali in attrezzature per la produzione di semiconduttori hanno raggiunto un massimo di 98BN USD.
Ad uno sguardo più approfondito, la catena del valore dei semiconduttori è oggi distribuita in tutto il mondo e questo crea un grado di interdipendenza piuttosto problematico in una fase storica caratterizzata da multipolarismo e tensioni geopolitiche sempre maggiori.
I semiconduttori più avanzati sono prevalentemente innovati negli US, ma prodotti a Taiwan (che rappresenta il 53% della capacità mondiale di produzione di questi ultimi) ed in Corea del Sud; questa situazione presenta uno spazio di vulnerabilità piuttosto rilevante che gli Stati Uniti, nonché l’intero Occidente, stanno cercando di colmare assicurandosi maggiore produzione sul suolo domestico: a luglio 2022 gli US hanno approvato il Chips Act, che garantisce circa 40BN USD di sussidi per le imprese che produrranno su suolo americano, mentre ad Aprile 2023 il Parlamento Europeo ha approvato l’European Chips Act per mobilitare più di 40BN EUR di investimenti pubblici e privati con l’obiettivo di raddoppiare la sua quota di mercato globale al 20% entro il 2030. È proprio di questi giorni la notizia che Intel, il colosso americano dei semiconduttori, investirà 30BN EUR per produrre i propri chips in Germania, con Berlino che sovvenzionerà un terzo dell’investimento (tweet qui sotto).
Allo stesso tempo Pechino, che considera Taiwan una parte del territorio cinese destinata a ritornare sotto la piena direzione amministrativa della Repubblica Popolare, aveva già investito in questa tecnologia più di 150BN USD all’inizio del 2021, classificando quello dei semiconduttori come uno dei “settori strategici” che riceverà fino a 1.5TN USD di investimenti nel periodo 2021-2025. Sarà quindi cruciale per Xi Jinping, che si è posto l’ambizioso obiettivo di raddoppiare il PIL reale del paese entro i prossimi 10 anni, investire ed avanzare anche in questo campo.
Casi d’uso e sinergie
Se possiamo affermare che, da un punto di vista ideologico, crypto ed AI presentano delle differenze sostanziali (che approfondiremo più avanti), da un punto di vista pratico e “di business” questa situazione può rappresentare un’opportunità per la nascita di sinergie e meccanismi complementari per accelerare o migliorare ancor più l’innovazione nello spazio. Di seguito proviamo ad esporre alcuni potenziali ambiti di collaborazione e di convergenza (presenti e futuri).
- Autenticità dei contenuti e “deepfakes”
Se oggi si associa immediatamente la tecnologia dell’AI alla sua applicazione più conosciuta, chatGPT, non bisogna dimenticarsi dei modelli di AI generativa che consentono di creare “dal nulla” audio, video e immagini che sembrano davvero realistiche (deepfakes): man mano che l’innovazione aumenta diventerà sempre più difficile distinguere un contenuto falso da uno vero.
Un esempio recente è quello relativo alla pubblicazione, tramite un software di AI, di una canzone apparentemente prodotta dai noti artisti americani Drake e The Weekend, che è immediatamente diventata virale sul web, totalizzando 600k riproduzioni su Spotify e 15M di visualizzazioni su Tik Tok prima di essere rimossa. Nel mondo del Web 3.0 le interazioni tra i partecipanti, ovvero le transazioni, sono “firmate” dalla chiave privata (private key) dell’utente per dimostrarne la validità, grazie alla crittografia. Allo stesso modo anche i contenuti, siano essi testi, immagini, audio o video, possono essere firmati dalla chiave privata del creatore per “validarli”. Chiunque può verificarne l’autenticità in questo senso utilizzando l’indirizzo pubblico del creatore, fornito sul sito web o sugli account social media. Fred Wilson, co-fondatore del noto fondo di Venture Capital Union Square Ventures, ha recentemente discusso (in un post intitolato, in maniera eloquente, “Sign Everything”, “Firmate Tutto”) di come associare i contenuti online o i profili sui social media ad una forma digitale tramite la blockchain possa rappresentare un’ottima soluzione per combattere la disinformazione.
2. Data Privacy
Uno dei principali punti di debolezza dell’attuale panorama legato ai Large Language Models (LLM, alla base di software come chatGPT) è rappresentato dalla gestione dei dati privati. Ad esempio, OpenAI, la società proprietaria di chatGPT, raccoglie i dati degli utenti quando questi interagiscono con il software e li utilizza per migliorare l’“addestramento” del programma, con conseguente potenziale fuga di informazioni sensibili. È quello che è successo ai dipendenti di Samsung.
La tecnologia Zero Knowledge (zk), uno dei concetti che ha rappresentato una svolta nella crittografia applicata nonché uno segmenti che sta catalizzando maggior interesse e ricerca nello spazio crypto (come evidenziato sotto), può aiutare a risolvere alcuni dei problemi che sorgono quando questi modelli eseguono inferenze su dati privati.
Dal report “State of Crypto 2023” di a16z, le pubblicazioni accademiche nonché il numero di contenuti relativi alla tecnologia Zero Knowledge è in continuo aumento
A cosa servono le Zero Knowledge Proofs (“prove a conoscenza zero”)? La tecnologia zk permette di dimostrare la validità di un’informazione senza rivelare l’entità della stessa: questo consente, ad esempio, di dimostrare che io sono un cittadino del paese X senza esporre le “prove” utilizzate per crearla, proteggendo quindi l’utente da rischi come il furto d’identità o dalla necessità di dover condividere informazioni sensibili che, molto probabilmente, verranno archiviate in database centralizzati. Inoltre, nel mondo crypto, la tecnologia zk serve a “scalare” l’output di transazione delle blockchain, processando queste ultime “off-chain” (al di fuori della rete) ma validandole poi sulla blockchain principale, garantendo quindi la sicurezza del processo.
3. Costi elevati e necessità di potenza di calcolo (decentralizzata)
Uno degli “effetti collaterali” dell’esplosione di interesse per il mondo dell’Intelligenza Artificiale è quello legato alla necessità sempre maggiore di potenza di calcolo, veicolata dalle schede grafiche (o GPU), per alimentare i software di AI. Nello specifico, una GPU è un circuito elettronico specializzato progettato per eseguire rapidamente i calcoli necessari per l’elaborazione di immagini. Nell’intelligenza artificiale, le GPU vengono utilizzate per accelerare l’addestramento dei modelli di apprendimento automatico: questo processo comporta l’esecuzione di complessi calcoli matematici in parallelo, che a sua volta implica l’utilizzo di un gran numero di GPU per un periodo prolungato. Per contestualizzare quanto appena esposto, portiamo alcuni esempi: Stability.AI, il principale competitor di OpenAI, ha necessitato di 4.000 GPU Nvidia A100 per addestrare i propri modelli di AI, con un costo stimato di oltre 50M USD in un mese. GPT-3 di OpenAI, invece, è stato addestrato utilizzando 1.000 GPU Nvidia V100, per un costo stimato di 12M USD.
Se i costi legati all’addestramento di questi sistemi sono rilevanti, non sono quasi nulla (!) se paragonati alle spese necessarie per soddisfare le richieste (o queries) degli utenti a questi software: la spesa stimata da OpenAI per gestire le inferenze del modello arriva a circa 700,000 USD al giorno.
In aggiunta alla questione economica, i principali fornitori di servizi cloud come Amazon Web Services, Microsoft, Google e Oracle, hanno iniziato di recente a porre restrizioni alla disponibilità di GPU per i loro clienti e gli ultimi risultati trimestrali pubblicati da NVIDIA, che ha previsto un forte aumento della domanda per le sue schede grafiche portando il colosso tecnologico ad alzare la guidance dei ricavi per il prossimo trimestre di +50% rispetto alle attese del mercato, hanno ulteriormente confermato questo trend.
In risposta a questi temi, le reti di calcolo decentralizzate nel mondo crypto stanno emergendo come una potenziale soluzione per risolvere questo problema. Progetti come Render (che ha stabilito partnerships con Microsoft e Google) o come Gensyn (che ha appena completato un round di raccolta di capitale da 43M USD guidato da Andrssen Horowitz) hanno come obiettivo quello di “mettere in contatto” entità in cerca di potenza di calcolo con schede GPU inattive. In questo modo, queste applicazioni possono contribuire a mitigare lo squilibrio tra domanda e offerta, potenzialmente garantendo prezzi più bassi rispetto ai fornitori centralizzati in quanto questi soggetti non devono sostenere costi aggiuntivi per fornire le proprie risorse inattive. Allo stato attuale vi sono diversi trade-off che questo approccio porta con sé, primo tra tutti tempistiche più lunghe per l’addestramento dei modelli e naturale conseguenza di un approccio decentralizzato, che però gli sviluppatori nel mondo crypto stanno tentando attivamente di mitigare.
Digital Yin & Yang
La potenziale complementarità delle due tecnologie da un punto di vista delle applicazioni ad esse associate si riflette poi anche da un punto di vista più ideologico: le due innovazioni si rendono, “indirettamente”, portatrici di concetti opposti:
- La crittografia è in grado di dimostrare la proprietà di un contenuto digitale, assicurarne la validità e limitare l’accesso a quest’ultimo. “Not your keys, not your data”: scarsità digitale. L’Intelligenza Artificiale si basa invece sull’accesso libero e gratuito ai dati per facilitare l’addestramento dei sistemi e per permettere a questi ultimi di creare una moltitudine di contenuti: abbondanza digitale.
- La seconda divergenza è più filosofica ed è ben esemplificata da una dichiarazione del co-fondatore di Paypal, nonché investitore seriale tech, Peter Thiel, che afferma in maniera piuttosto provocatoria: “If crypto is libertarian, AI is communist”.
Sebbene questo punto di vista ometta chiaramente i lati positivi ed il potere trasformativo dell’Intelligenza Artificiale (ben esemplificati da un recente post del fondatore di a16z Marc Andreessen intitolato “Why AI will save the world”), questa affermazione allude all’AI come ad una tecnologia prevalentemente centralizzata e basata su sistemi di dati chiusi, opposta alla decentralizzazione e dati open-source che caratterizzano il mondo degli asset digitali.
Tuttavia, non tutti forse sanno che Sam Altman, il trentottenne fondatore di OpenAI, è anche tra i creatori di Worldcoin, un progetto nel mondo crypto. Worldcoin si propone di stabilire un nuovo concetto, quello di “Proof Of Personhood” o “Prova di personalità”. Tramite l’uso della tecnologia di scansione dell’iride (un sistema di autenticazione biometrica), unito all’utilizzo di tecnologie Zero Knowledge (per garantire appunto la privacy di dati sensibili, come quelli biometrici che vengono subito eliminati e sostituiti da un codice che li identifica in maniera unica) il progetto si pone come obiettivo, tra gli altri, quello di permettere di distinguere in una maniera efficace, sicura ed univoca un essere umano da un bot (robot online) , un tema sempre più rilevante ed un’azione sempre più “difficile” nel mondo dell’Intelligenza Artificiale.
Il progetto, che ha già attirato l’attenzione di prominenti investitori finanziari globali, conta oggi circa 2M di utenti.
Chiudiamo con un estratto di un post pubblicato 10 anni fa Sam Altman sul Bitcoin e sulla blockchain:
“È chiaro che sta succedendo qualcosa di interessante. Il bull case è entusiasmante: un mondo in cui tutti effettuano transazioni con Bitcoin sarebbe molto più trasparente, e la trasparenza finanziaria è fantastica. È forse l’elemento che ridurrebbe maggiormente la corruzione. La trasparenza non è l’unico vantaggio: per esempio, anche se non ottenessimo la trasparenza, i bassi costi di transazione per il commercio globale sarebbero comunque un ottimo risultato. Così, come sarebbe stupido convertire tutti i propri dollari in Bitcoin, sarebbe altrettanto stupido non prestare attenzione. In particolare, monitorate il volume delle transazioni lecite: suggerirei di acquistare solo se questo dato mostra segni di una crescita importante”.
Lugano, 25/06/2023
Approfondimento a cura di Andrea Accatino e Alban Zerweck