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No need to argue

There’s no need to argue anymore
I gave all I could, but it left me so sore
And the thing that makes me mad
Is the one thing that I had
I knew, I knew
I’d lose you
You’ll always be special to me
Special to me, to me

No need to argue, The Cramberries
“No need to argue” Album, 1994

Mentre i mercati festeggiano un recupero in doppia cifra rispetto all’annus horribilis del 2022, l’immagine in apertura di oggi rende omaggio a Mikala Jones, star hawaiana del surf che ci ha lasciato questa settimana all’età di 44 anni in un incidente mentre stava surfando in Indonesia. Come un’onda travolgente, oggi cerchiamo di guardare il bicchiere mezzo vuoto e dunque di dedicare l’approfondimento settimanale al tema del debito, partendo dalla novità dei giorni scorsi per cui il debito americano ha superato per la prima volta nella sua storia il valore di 32 trilioni di dollari, in aumento del 40% rispetto soltanto a quattro anni fa: dal 2018 in sintesi sono stati aggiunti ulteriormente 10 trilioni di dollari di nuovo debito governativo americano, come riportato dalla tabella qui sotto.

Ha fatto molto rumore l’outing di Stan Druckenmiller (protégé di Soros che nel suo ruolo di ex gestore per il magnate ungherese ha generato ritorni del +30% all’anno, per un orizzonte di 30 anni) che nel corso di un discorso pubblico per il trentasettesimo anniversario del USC Marshall Center for Investment Studies Annual Meeting, il primo maggio di quest’anno, ha stupito la platea con un’analisi estremamente preoccupata sullo stato delle finanze pubbliche americane attuali e soprattutto future. D’altronde, non è una novità che il “twin deficit” americano abbia da tempo segnato una rotta di collisione per l’eccezionalismo americano, specie in luce del rinnovato sentimento di de-dollarizzazione capitanato dai BRICS.

I punti centrali dell’argomentazione di Druckenmiller, davanti ad un audience giovane, principalmente popolato da studenti, erano i seguenti:

1. Oggi il governo americano spende 6 volte di più per i senior che per i giovani, dedicando il 40% delle tasse in questa direzione, percentuale che rimane su una traiettoria di salita verticale. Così, tra 25 anni il 70% delle tasse sarà dedicato al sostegno dei senior: una pensione serena, specie se confrontata con quella dei pensionati di oggi, sarà solamente una bellissima chimera, con sempre meno giovani lavoratori a sostenere il welfare di una nazione che, last but not least, è al picco massimo di debito della propria storia, con livelli simili raggiunti solo nel dopoguerra.

Sorge spontanea una domanda retorica che tuttavia non trova facile risposta: se questi sono i livelli di sostenibilità delle finanze pubbliche in una fase di picco di crescita economica tipica di fine ciclo, what’s next quando la crescita rallenta e l’onda di licenziamenti inizia a dilagare?

2. In questo contesto, il film horror della crescita scriteriata del debito statale, passato da USD 15 a 31 trilioni in una decade, pone il livello di indebitamento pubblico su valori che appunto si possono confrontare solo con quelli susseguenti al secondo conflitto mondiale. Inoltre, va considerato che nei USD 31 trilioni non sono presenti le spese per social security e medicare. La cosa che rende la situazione davvero tragica è che negli ultimi dieci anni ci sono stati dei momenti che potevano portare ad una riduzione del debito ma non si è fatto nulla per approfittarne: dopo la grande crisi finanziaria ma prima del Covid, con addirittura un Repubblicano alla presidenza e la disoccupazione ai minimi degli ultimi cinquant’anni, non si è mai riusciti ad avere un deficit più contenuto del 5% del PIL! Lo stesso è accaduto dopo il Covid, con le entrate fiscali cresciute grazie all’inflazione, una montagna di tasse per cospicui capital gain, disoccupazione al 3.5% e crescita nominale oltre il 10%.

3. In forza di tutti questi elementi, per mantenere nel futuro la stessa magnitudine del welfare, sarebbe necessario alzare tutte le tasse del 40% oppure applicare un taglio permanente della spesa federale per almeno un terzo.

4. Ipotizzando interessi al 5%, la spesa per interessi sarebbe appunto pari al pacchetto di sostegno Covid del 2020 e passerebbe dall’ 8% al 27% del Pil nel 2050.

5. Come se non bastasse, ad un Governo irresponsabile ha fatto da contraltare una FED altrettanto irresponsabile che, con diverse forme di easing, ha espanso il proprio bilancio fino a dieci volte oltre i livelli precrisi finanziaria, tenendo i tassi molto bassi per tantissimo tempo ed in questo modo creando quella che Druckenmiller chiama “the everything bubble” negli asset finanziari.

6. I risultati sono davanti agli occhi di tutti: l’inflazione è un tema centrale di discussione al tavolo di qualsiasi famiglia, così come le crisi bancarie

Da qui discende che questa tendenza debba essere fermata in tutti i modi possibili per evitare che la leadership economica americana, che ha trasformato il mondo soprattutto grazie alle continue rivoluzioni tecnologiche made in USA che si sono susseguite (PC, Internet, mobile, cloud e presto blockchain e AI), si trasformi in un’inarrestabile decadenza lasciando spazi politici importanti, come sempre nella storia, a posizioni più estreme, di sicuro più vicine agli stili dittatoriali di Cina e Russia che al blasonato ricordo di quel mondo libero e democratico che ha ispirato tutto l’Occidente dopo la seconda guerra mondiale.

Guardando la leadership politica che fa bella mostra di sé al G8 di turno, i contenuti roboanti ma sempre meno credibili, non c’è purtroppo grande spazio di speranza: “Hard times create strong men. Strong men create good times. Good times create weak men. And, weak men create hard times” (Michael Hopf), sarà un adagio che ci accompagnerà a lungo.

Approfondimento a cura di Alex Pezzoli e Mattia Segre.

Lugano, 16/07/2023

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