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I need a (crypto) dollar

I need a dollar, dollar a dollar is what I need, (Hey hey)
Well I need a dollar, dollar a dollar is what I need (Hey hey)
And I said I need dollar dollar, a dollar is what I need
And if I share with you my story would you share your dollar with me

Aloe Blacc, I Need A Dollar (2010)

Molti partecipanti al mondo degli asset digitali continuano a chiedersi quale sarà l’“applicazione killer (espressione che indica l’innovazione in grado di essere determinante per l’adozione generale di una tecnologia) che permetterà di catalizzare la prossima fase di crescita di utenti e interesse per il mondo delle crypto. Allo stesso tempo, altrettanti affermano che questa innovazione è già qui presente e che vi sono sempre più dati a supportare questa tesi: si tratta degli stablecoin, o dollari digitali su blockchain, tema del quale abbiamo già discusso in passato ma che genera sempre forte attenzione, interesse e ricerca da parte delle istituzioni (crypto e non, come vedremo) nonché delle autorità monetarie globali.

Con lo scritto odierno ci focalizzeremo su dati ed evidenze recenti per contestualizzarne l’adozione e l’utilizzo, soffermandoci sull’ingresso “nell’arena” da parte di player finanziari più tradizionali, nonché approfondiremo le ultime novità legate agli aspetti regolamentari, un tema sempre rilevante quando si parla di asset digitali ma ancora più importante se l’oggetto della discussione sono gli stablecoin.

Evidenze recenti

Il 2022 ha rappresentato un anno record per gli stablecoin: nonostante il ribasso di mercato che ha caratterizzato gli asset digitali durante l’annus horribilis della finanza, il volume di transazione raggiunto dagli stablecoin sulla blockchain è stato di 11TN USD. Per dare un ordine di grandezza, questo dato corrisponde ad 8 volte il volume di USD di transazioni processato da Paypal sull’anno, e circa lo stesso importo (11.6TN USD) regolato globalmente da Visa.  

Risulta in effetti sorprendente pensare che in meno di cinque anni (grafico qui sotto) sia nata un’infrastruttura monetaria tale da poter essere oggi comparata ai sistemi di pagamento più affermati a livello globale. Ad oggi, l’offerta totale di stablecoin in circolazione è di circa 135BN USD.

Uno degli argomenti che spesso viene portato dai detrattori del mondo degli asset digitali per indebolire evidenze di questo tipo è che la maggior parte degli stablecoin in circolazione è semplicemente utilizzata a fini speculativi e di trading e non per sfuggire a situazioni di instabilità politica o di inflazione fuori controllo che purtroppo sono ancora all’ordine del giorno soprattutto nei Paesi Emergenti (o, più semplicemente, come valuta alternativa più rapida, efficiente e meno costosa rispetto a quelle oggi disponibili tramite i canali bancari tradizionali).

Proprio a questo proposito, Peter Johnson, co-responsabile degli investimenti Venture Capital presso Brevan Howard Digital (uno dei gestori hedge fund più famosi al mondo con 26BN USD di asset e con un fondo dedicato al mondo degli asset digitali) ha pubblicato di recente un report di analisi sul tema (“The Relentless Rise of Stablecoins”), che tanti partecipanti all’industria hanno descritto come uno dei documenti più omnicomprensivi e dettagliati mai redatti sull’argomento. Numerose sono le evidenze ed i dati che ci hanno colpito, di seguito mostriamo le quattro principali:

  1. Più di 25 milioni di indirizzi blockchain (una proxy che identifica il numero di utenti on-chain) possiede un saldo superiore ad 1 USD in stablecoin al 30.06.2023. Di questi, l’80% (circa 20M) possiede un saldo tra 1 USD e 100 USD. Per fare un paragone, una banca americana con 25M di conti correnti sarebbe la quinta più grande nel Paese secondo questa metrica.
  • Gli indirizzi che ogni settimana inviano o ricevono dollari digitali sulla blockchain si attestano a 5M. Questa, pur essendo una misura non perfetta (in quanto esclude le transazioni fuori dalla blockchain, come i trasferimenti sugli exchange), fornisce un’indicazione del numero globale di utenti che interagiscono con USD digitali. Di questi utenti, il 75% circa trasferisce meno di 1000 USD per settimana, indicando che individui retail costituiscono la maggioranza degli utilizzatori. Come mostrato nel grafico a sinistra, il numero di utenti settimanali ha visto una crescita continua sugli ultimi 5 anni, anche durante fasi negative di mercato.
  • L’utilizzo di stablecoin ha mostrato scarsa correlazione con i volumi di scambio di asset digitali sugli exchange crypto, siano questi ultimi centralizzati (Coinbase, Kraken) o decentralizzati (Uniswap). Come mostrato dalle due evidenze sotto, i volumi totali di scambio di asset digitali (BTC, ETH etc.) sugli exchange sono in ribasso del 60% circa da dicembre 2021, linea arancione (quando il Bitcoin era vicino ai massimi storici a 53,000 USD), mentre i volumi di transazione sugli stablecoin sono scesi soltanto dell’11% nello stesso orizzonte temporale (linea blu)
  • Un’altra evidenza che indica come l’attività speculativa o di trading non sia al centro dell’utilizzo di stablecoin è legata alla resilienza mostrata dai numeri di capitalizzazione totale di questi ultimi (120BN USD a fine giugno, o -24% rispetto ai massimi di novembre 2021, linea blu sotto) rispetto al ribasso nella capitalizzazione totale di mercato di tutti gli asset digitali (-57% rispetto ai massimi di quasi 3TN USD). Infine, sempre sulla base dei dati a fine giugno, più di 2/3 del volume totale di stablecoins erano detenuti su wallet individuali e non su exchange, segnale anche questo di come la principale finalità degli utenti sia slegata dal trading.

I dati proposti nella ricerca di Brevan Howard trovano ulteriore conferma “sul campo”, grazie alle informazioni condivise da Circle, società americana che oggi rappresenta il secondo maggiore emittente di stablecoin tramite USD Coin o USDC (24BN USD di offerta totale) e che annovera tra i propri azionisti i player finanziari Blackrock e Fidelity.

Con un tweet di luglio 2023, il fondatore di Circle Jeremy Allaire ha confermato che la maggior parte dell’utilizzo di USDC avviene al di fuori degli Stati Uniti ed è principalmente concentrata nei Paesi Emergenti.

Inoltre, il team di ricerca dell’emittente di dollari digitali US, coadiuvato da un assistente di ricerca presso l’università di Stanford, ha pubblicato quest’estate un paper che giunge alle stesse conclusioni delle evidenze mostrate sopra: l’utilizzo di stablecoin (in questo caso USDC) a fini speculativi, per il trading o per l’apertura di posizioni a leva, è stato in costante diminuzione negli ultimi due anni.

Regolamentazione in US

Oltre il 90% dell’attività degli stablecoin avviene in monete digitali il cui valore è “ancorato” al dollaro USA, motivo per cui le autorità di regolamentazione statunitensi hanno un forte interesse ad esercitare una certa autorità normativa su questa tipologia di asset.

Ironicamente, maggiore chiarezza regolamentare sugli stablecoin negli Stati Uniti non solo consentirebbe un sistema di pagamenti più efficiente a livello nazionale, ma giocherebbe anche un ruolo importante nell’espandere l’uso del dollaro USA a livello globale all’interno di economie digitali in sempre maggiore crescita. Questo costituirebbe di fatto una misura “di contrasto” alle forze di de-dollarizzazione oggi in atto (e di cui abbiamo parlato in più occasioni nel corso dell’anno), come rimarcato recentemente anche da Brian Brooks, ex capo dell’Office of the Comptroller of the Currency della Tesoreria statunitense. Risulta, altresì, chiaro che quello degli stablecoin è una tema delicato che rischia di “sovrapporsi” ai progetti di dollaro digitale della banca centrale US che, stando ai primi riscontri della FED di New York dopo il test di quest’estate, ha dimostrato che “un dollaro digitale potrebbe essere una maniera efficace per migliorare i pagamenti domestici e cross-border”.

Ad oggi, esistono due proposte di legge redatte con l’obiettivo di regolamentare gli stablecoin: il Clarity for Payment Stablecoins Act, introdotto nel 2023, e il Responsible Financial Innovation Act, introdotto nel giugno 2022. Entrambi mirano a definire un quadro normativo chiaro per l’emissione di stablecoin, proteggere i consumatori e promuovere l’innovazione. Il senatore repubblicano Patrick McHenry sta guidando gli sforzi alla Camera su questo tema. L’evidenza di seguito proposta da Nic Carter (investitore Bitcoin di lunga data nonché grande esperto di stablecoin) mostra come, se da una parte la reticenza del regolatore americano non aiuta lo sviluppo dell’ecosistema crypto, altri paesi (i.e. Hong Kong, Unione Europea, Giappone, Singapore) stanno approfittando della situazione di stallo e (quasi) opposizione negli US (alcune tappe recenti sono dettagliate nei box in rosso del grafico sotto) per avanzare proposte regolamentari che, se non altro, forniscono più chiarezza normativa sul tema.

Tentativi di adozione

Una delle notizie più interessanti degli ultimi mesi nel mondo crypto è stata quella relativa al lancio di uno stablecoin da parte di Paypal, uno dei colossi fintech più grandi al mondo che oggi capitalizza 58BN USD: la piattaforma permetteva già da più di un anno l’acquisto, vendita e trasferimento di crypto e l’emissione di uno stablecoin “proprietario” aggiunge un tassello rilevante nella strategia Web 3.0 della società. Paypal USD (PYUSD) è uno stablecoin progettato sulla blockchain di Ethereum e facilitato da Paxos, un’emittente di stablecoin regolato dal Dipartimento dei Servizi Finanziari di New York. La moneta è creata per mantenere un valore stabile di 1 USD, con a garanzia depositi in USD e titoli del Tesoro americani.

“Gli stablecoin sono la killer app della blockchain in questo momento”, afferma il direttore generale di Paypal per la blockchain Josè Fernandez Da Ponte. “Vi sono vantaggi intrinseci in termini di costi, programmabilità e tempi di regolamento: gli stablecoin sono un tema che semplicemente non possiamo ignorare”.

Il nuovo CEO Alex Chriss, infatti, ha sottolineato più volte come la base di costi della società rimanga troppo alta, e la priorità dell’azienda sarà appunto quella di ridurre le spese per aumentare la marginalità: l’emissione di uno stablecoin va infatti proprio in questa direzione (permettendo a Paypal di ridurre i costi legati alle transazioni di 26 volte, fonte: One River).

Anche in questo caso l’atteggiamento (ed il timing) delle azioni del regolatore americano sono stati piuttosto eloquenti. La società ha annunciato l’emissione del proprio stablecoin l’8 agosto, mentre la conferenza sugli utili trimestrali era programmata per il 2 di novembre. La SEC americana ha disposto una subpoena (mandato di comparizione) verso Paypal relativo all’emissione di PYUSD… il 1° novembre.

Nonostante l’incertezza normativa e le evidenti difficoltà da fronteggiare, sembra che gli intermediari fintech tradizionali vogliano realmente approfondire ed esplorare le opportunità legate agli stablecoin: anche Visa, che già ne permetteva l’utilizzo (USDC) per regolare le transazioni relative ai propri pagamenti sulla blockchain di Ethereum, ha di recente annunciato di estendere questa possibilità alla blockchain di Solana.

Sfruttando gli stablecoin come USDC e le blockchain globali come Solana ed Ethereum, stiamo contribuendo a migliorare la velocità dei regolamenti cross-border e a fornire ai nostri clienti un’opzione moderna per inviare o ricevere facilmente fondi “, ha dichiarato Cuy Sheffield, Head of Crypto di Visa. “Visa si impegna ad essere all’avanguardia nell’innovazione legata alle cryptovalute e alle blockchain e a sfruttare queste nuove tecnologie per contribuire a migliorare il modo in cui trasferiamo il denaro“.

Approfondimento a cura di Andrea Accatino e Alban Zerweck

Lugano, 12 novembre 2023

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