(foto: Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, film 1964)
«È impossibile descrivere una cosa esattamente com’era, perché ciò che dici non può essere mai esatto, devi sempre trascurare qualcosa, ci sono troppe facce, lati fattori che si intersecano, sfumature; ci sono troppi gesti, con questo o quel significato, troppe forme che non si possono mai descrivere completamente, troppi sapori, nell’aria e sulla lingua, troppe mezze tinte, troppe». (Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella)
L’incessante retorica mainstream sull’escalation occidentale a supporto di un confronto bellico ancora più diretto e deciso tra Ucraina e Russia è talmente insistente da averci convinto a fare un esercizio per valutare quali siano gli elementi oggettivi a sostegno di un’ulteriore svolta del conflitto, nella direzione di un suo allargamento davvero mondiale e, dunque giocoforza, purtroppo per tutti noi, pure nucleare.
Partiamo da Londra: il giorno 3 maggio, mentre incontrava il Presidente ucraino Zelensky, il Segretario agli Esteri David Cameron ha dato il via libera all’Ucraina per usare i missili da crociera britannici Storm Shadow contro obiettivi all’interno del territorio russo riconosciuto[1]. Nelle stesse ore, il presidente francese Emmanuel Macron affermava di non escludere l’invio di truppe di terra in Ucraina se la Russia fosse riuscita a sfondare il fronte ucraino e il governo di Kiev avesse avanzato tale richiesta.
Conseguenza di queste esternazioni è stato l’annuncio da parte del Cremlino di esercitazioni militari simulanti l’uso di armi nucleari. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, infatti, ha definito le esercitazioni nucleari una risposta a una “fase senza precedenti nell’escalation delle tensioni avviata dal Presidente francese e dal ministro degli Esteri britannico”, inclusa “l’intenzione di inviare contingenti armati in Ucraina, cioè di mettere effettivamente i soldati della NATO di fronte alle truppe russe”. Così, il ministero degli Esteri russo ha convocato gli ambasciatori britannico e francese per discutere le dichiarazioni di Cameron e Macron, lanciando avvertimenti di carattere oggettivamente straordinario, affermando che le dichiarazioni di Cameron rendono la Gran Bretagna “una parte de facto nel conflitto” tra Ucraina e Russia[2].
Oltre Francia e Gran Bretagna, i Paesi favorevoli all’eliminazione delle restrizioni sull’uso di armi occidentali in territorio russo sono: Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Finlandia, Repubblica Ceca, Svezia ed Estonia.
Contrari: Italia, Germania, Spagna, Belgio.
In questo clima, il 22 maggio, il premier inglese Rishi Sunak ha annunciato le dimissioni, tenendo un discorso in cui ha messo in guardia dall’escalation delle minacce globali, affermando che il mondo è sull’orlo di una pericolosa escalation nucleare. L’annuncio del Primo Ministro britannico Rishi Sunak sulle elezioni generali anticipate di tre settimane al 4 luglio è stato uno shock anche per i suoi stessi deputati conservatori. L’ex deputato britannico Andrew Bridgen ha affermato che la vera ragione per cui Rishi Sunak ha indetto elezioni anticipate è che rifiuta di essere un “presidente in tempo di guerra”. In tal senso, la decisione di Sunak, in particolare la velocità della sua attuazione, sembra sia in primis legata ai calcoli machiavellici della classe politica britannica; in questo quadro, le elezioni anticipate servirebbero a prevenire la probabile instabilità politica che deriverebbe dal manifestarsi di un dissenso sempre più manifesto verso la guerra ed una simile escalation[3].
I commenti dei media chiariscono che il Partito Laburista di Sir Keir Starmer è ora visto come lo strumento più affidabile ed efficace per gestire guerre all’estero, imporre le misure di austerità, nonché reprimere eventuali movimenti popolari di opposizione.
Il 25 maggio, il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha dichiarato che i membri dell’alleanza dovrebbero lasciare che l’Ucraina colpisca in profondità la Russia con armi occidentali. “Non c’è alcun cambiamento nella nostra politica a questo punto. All’Ucraina dovrebbe essere consentito di utilizzare le armi dei suoi alleati per “neutralizzare” le basi militari russe utilizzate per lanciare missili contro l’Ucraina, ha detto martedì il presidente francese Emmanuel Macron in un a conferenza stampa con a fianco il parigrado tedesco Scholz. Ma ha aggiunto: “Non dovremmo permettere loro di toccare altri obiettivi in Russia, e ovviamente capacità civili”. Il cancelliere teutonico, a latere, con fare più italico che germanico, ha tuttavia chiarito di rifiutarsi di fornire i missili da crociera Taurus della Germania, ricercati dagli ucraini e capaci di potenti attacchi contro le posizioni russe all’interno dell’Ucraina e in profondità nello stesso territorio russo[4].
Venerdì scorso dei droni ucraini hanno attaccato le strutture dell’antenna del radar di allarme rapido Voronezh-DM vicino ad Armavir, nella regione di Krasnodar, strumentali a fornire gli early warning in caso di missili nucleari in arrivo sul suolo russo. Le immagini satellitari hanno mostrato che la stazione radar Armavir, che dispone di due radar di tipo Voronezh, ha subito dei danni agli edifici che ospitano le installazioni radar, probabilmente non rilevanti. Secondo un funzionario dell’intelligence ucraina, poi, il 27 maggio un drone avrebbe percorso una distanza di 1.800 chilometri per colpire una stazione radar nella città di Orsk, vicino al confine russo-kazako, prima di essere abbattuto.
Non c’è stata alcuna conferma immediata da parte dei funzionari russi riguardo alla pretesa riuscita dell’attacco ed è stato probabilmente derubricato ad atto terroristico da parte ucraina.
Tuttavia, si tratta di atti preoccupanti perché in grado non tanto di mutare la situazione sul campo, quanto di rendere vulnerabile la rete di radar russi destinati ad individuare l’arrivo di missili strategici verso il paese. Va anche detto che, secondo la dottrina russa, simili attacchi sono da considerarsi di tipo strategico perché tendenti a rendere inoffensivo il deterrente nucleare. Peraltro, sono esattamente le stesse considerazioni che fanno gli americani se qualcuno minaccia i loro satelliti di early warning.
Secondo gli esperti, qualunque guerra nucleare inizia proprio dal tentativo di accecare il sistema di allarme precoce del nemico[5].
L’attacco ucraino alla stazione Armavir è avvenuto poco dopo che la Russia aveva iniziato le esercitazioni con le sue forze tattiche nucleari nel distretto militare meridionale[6].
L’obiettivo di Kiev sembra, dunque, essere quello di costringere il maggior numero possibile di paesi occidentali riluttanti a intensificare l’azione contro la Russia, per influenzare l’immagine di un “fronte unito”. Il modo più ovvio per farlo è indurre la Russia a rispondere in un modo insolito che possa essere dichiarato come una “minaccia” e venire utilizzato per galvanizzare la solidarietà occidentale.
In breve: si tratta di una mossa per espandere la coalizione occidentale e il suo coinvolgimento nella guerra in Ucraina, abbassando la soglia di prudenza al fine di portare l’opinione pubblica più riottosa ad accettare l’intervento sul campo per salvare l’Ucraina all’ultima ora[7].
DOTTRINA NUCLEARE RUSSA
Secondo il documento emanato nel giugno del 2020 dal titolo “Principi fondamentali di politica statale della Federazione russa sulla deterrenza nucleare” la Russia definisce in modo molto chiaro le condizioni sotto cui una risposta nucleare strategica può essere possibile e all’articolo 19 troviamo scritto:
“19. Le condizioni che specificano la possibilità dell’uso di armi nucleari da parte della Federazione Russa sono le seguenti:
a) arrivo di dati attendibili sul lancio di missili balistici contro il territorio della Federazione Russa e/o dei suoi alleati;
b) utilizzo di armi nucleari o altri tipi di armi di distruzione di massa da parte di un avversario contro la Federazione Russa e/o i suoi alleati;
c) attacco da parte dell’avversario contro siti governativi o militari critici della Federazione Russa, la cui interruzione comprometterebbe le azioni di risposta delle forze nucleari;
d) aggressione contro la Federazione Russa con l’uso di armi convenzionali quando è in pericolo l’esistenza stessa dello Stato.”
N.B. Il comma c) corrisponde precisamente all’attacco al radar di Armavir.
Quindi, siamo davvero sempre più vicini ad uno scontro tra Russia e Nato?
Per continuare l’esercizio intrapreso con questo scritto, dobbiamo leggere gli episodi sopraelencati alla luce del seguente contesto.
Innanzitutto, dobbiamo fare riferimento a come è iniziata la Guerra Fredda all’indomani della Seconda Guerra mondiale. In quegli anni, gli americani cominciano a pensare a nuove tecnologie più complesse ed al destino del mondo con loro a capo nel quadro di una politica nota come keynesismo militare. Questa consisteva nell’impiego della spesa militare come leva per stimolare l’incremento della produzione manifatturiera e dei consumi, grazie all’effetto moltiplicatore prodotto dai correlati aumenti salariali e occupazionali. Inoltre, per convincere l’opinione pubblica a sostenere con le proprie tasse il più grande programma di riarmo che il mondo avesse mai conosciuto in tempo di pace occorreva una rinnovata sensazione di crisi per richiedere ai cittadini un alto grado di sacrificio e disciplina. Di qui la decisione di esasperare la campagna di demonizzazione dell’Unione Sovietica.
Nel 1950, viene redatto il National Security Council Paper NSC-68, Obiettivi e programmi degli Stati Uniti per la sicurezza nazionale, spesso indicato semplicemente come NSC-68. Il memorandum di 58 pagine è tra i documenti più influenti composti dal governo degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda e non è stato declassificato fino al 1975. Il documento impostava le strategie in materia di politica estera per un lungo periodo in termini di contenimento nei confronti dell’Unione Sovietica. Una delle indicazioni cruciali contenute nel NSC-68 era quella di esacerbare o creare ex novo situazioni di crisi in giro per il mondo allo scopo deliberato di legittimare il riarmo e “ricacciare indietro” l’Unione Sovietica. Obiettivo, quello di “contenere” l’Urss e “liberare” l’Europa orientale dal giogo di Mosca. Come scrive Gabriel Kolko: «dal 1946, unire il Paese nel programma governativo con la presunta minaccia di pericoli internazionali era diventato indispensabile per alimentare il consenso interno verso la politica estera e militare. La ripresa di questo processo avrebbe imposto una tensione massima all’Urss e in tal modo indebolito la sua influenza sui Paesi satelliti, mentre l’amministrazione americana in segreto sostituiva il contenimento della potenza sovietica con una strategia che ne avrebbe infine causato il “ritiro” e la “riduzione” […]. All’inizio del 1950, dunque, il governo americano si accinse a riconfigurare il proprio rapporto con il mondo in un modo che non solo preannunciava crisi, ma addirittura ne aveva bisogno per l’attuazione di un programma segreto di riarmo».[8]
In base a tale strategia, il confronto con l’Unione Sovietica e poi con la Cina si è basato sulla deterrenza e sul contenimento. Gli scontri tra potenze, quando ci sono stati, sono avvenuti in maniera indiretta e in periferia.
Questo sistema economico necessitava di una crescita costante per mantenere la pace interna e i profitti. Tuttavia, con il crollo dell’Unione Sovietica, l’Occidente ha incontrato difficoltà nel mantenere il dominio su un sistema mondiale troppo vasto e l’immagine degli Stati Uniti come egemoni è del tutto incoerente con la realtà sul campo che vede l’emergere di nuove potenze regionali, oltre alla Russia e alla Cina.
Una nuova Guerra Fredda 2.0
Gli strateghi americani hanno sviluppato una strategia molto simile per mantenere la leadership economica e militare basata sul ritorno a blocchi economici separati e sul primato tecnologico.
Gli elementi principali sono i medesimi:
- impedire agli alleati europei di beneficiare di relazioni con la Russia;
- promuovere la spesa militare per arricchire il complesso industriale-militare americano;
- affrontare le tensioni interne e le minacce come pandemie, banditismo e disastri ecologici e naturali, che potrebbero diventare più preoccupanti per la sicurezza rispetto alle forze armate rivali.
Tuttavia, il mondo è cambiato.
La guerra russo-ucraina ha segnato una svolta storica, unendo Russia e Cina contro l’Occidente. Questa alleanza ha creato un polo mondiale potenzialmente invincibile anche per l’Occidente unificato. Gli USA, concentrati sull’interrompere una possibile collaborazione tra Europa e Russia, hanno trascurato la più potente alleanza tra Russia e Cina[9]. Inoltre, la crescente debolezza degli Stati e la frammentazione delle società occidentali sono diventate centrali nelle politiche di difesa. Affrontare le minacce nazionali e transnazionali, così come gli attacchi che minacciano la legittimità politica, sono oggi una priorità pari o superiore alla deterrenza da un attacco militare convenzionale[10].
Attualmente, possiamo vedere la direzione intrapresa: dalla guerra come deterrenza alla guerra come soluzione, secondo un’espressione utilizzata dall’analista Enrico Tomaselli. Nella retorica emergenziale, la paura della bomba atomica, presente nella seconda metà del XX secolo, è scomparsa. Questo è un errore di percezione estremamente pericoloso.
La retorica di emergenza e la gestione delle tensioni interne agli Stati sono due aspetti interconnessi della governance moderna, specialmente in periodi di crisi per giustificare e legittimare misure straordinarie. Questa retorica enfatizza spesso la gravità della situazione, invocando l’urgenza e la necessità di agire rapidamente per proteggere la sicurezza nazionale o il benessere pubblico. Essa può includere richiami a un’unità nazionale, la demonizzazione di nemici interni o esterni e l’evocazione di scenari catastrofici se non si adottano immediatamente misure drastiche.
Questa strategia retorica è particolarmente efficace nel mobilitare il consenso popolare e nel giustificare azioni che, in condizioni normali, potrebbero essere viste come eccessive o autoritarie, come la sospensione di diritti civili, l’implementazione di misure di sorveglianza di massa, o l’uso della forza contro dissidenti. Tuttavia, l’uso eccessivo o prolungato della retorica di emergenza può generare tensioni interne. I cittadini possono diventare scettici o resistenti se percepiscono che la crisi è strumentalizzata per consolidare il potere politico o reprimere l’opposizione.
Proprio gli USA sono attraversati da tensioni fortissime, con due Americhe in guerra su questioni sociali, politiche e costituzionali, oltre che sul ruolo degli Stati Uniti nel mondo. Le elezioni americane del 2024 saranno solo un’altra battaglia in questa guerra. In tal senso, l’investitore miliardario Ray Dalio, fondatore dell’hedge fund Bridgewater Associates, ha affermato di vedere una crescente probabilità che gli Stati Uniti precipitino in una guerra civile. In un’intervista al Financial Times, Dalio ha dettagliato la sua ricerca in cui ha riscontrato una probabilità dal 35 al 40% che negli Stati Uniti scoppierà una guerra civile e invita gli investitori a spostare parte dei loro beni fuori dal paese. Ciò che intende per guerra civile è un’accelerazione della polarizzazione politica in cui le persone si sposterebbero in Stati che sono più allineati coi loro valori e potrebbero non seguire la direzione delle autorità federali seguendo linee secessioniste. Dalio afferma, inoltre, che le elezioni presidenziali di quest’anno tra l’attuale Joe Biden e lo sfidante Donald Trump fungeranno da cartina di tornasole per determinare se la spirale di rischio andrà fuori controllo.
Questo punto è rilevante anche per il Regno Unito, dove le spinte centrifughe minacciano di frammentare ulteriormente la nazione, mettendo in discussione la sua unità politica ed economica[11].
IL REGNO DIS-UNITO
In base agli accordi del Venerdì Santo, siglati nel 1998 per porre fine ai Troubles, è previsto che venga concesso un referendum per l’adesione dell’Ulster alla Repubblica di Dublino qualora la maggioranza lo chiedesse. Secondo i dati del censimento del 2021, pubblicati nel settembre 2022, per la prima volta nella storia dell’Irlanda del Nord, i cattolici (potenzialmente favorevoli alla separazione dell’Ulster dal Regno Unito) hanno superato i protestanti in termini di popolazione.
Il Partito Nazionale Scozzese (SNP), che sostiene l’indipendenza, ha dominato la politica scozzese negli ultimi anni. L’SNP ha ottenuto la maggioranza dei seggi nelle elezioni del Parlamento scozzese e ha vinto una serie di elezioni generali nel Regno Unito con una piattaforma fortemente orientata verso l’indipendenza.
Il principale partito indipendentista gallese, Plaid Cymru, ha guadagnato consensi significativi e ha un’influenza importante: nel 2021 un sondaggio indicava che il supporto all’indipendenza era del 30% della popolazione.
Questi mutamenti, sul piano interno ed esterno, richiedono un radicale ripensamento conversione delle politiche occidentali. Questo processo non può essere completato rapidamente e ci ritroviamo così in una fase di interludio in cui lo strumento militare non riesce più a esercitare la sua funzione deterrente, né vi è la capacità di sconfiggere il nemico sul campo.
La traiettoria della guerra in Ucraina mostra un’intensificazione del conflitto, sia orizzontalmente, espandendo il teatro delle operazioni, sia verticalmente, aumentando la potenza delle armi utilizzate. Questa traiettoria porta verso uno scontro armato diretto tra Russia e NATO. Se questa inerzia non verrà fermata, si verificherà una collisione del genere, che potrebbe estendersi all’Europa e diventare quasi inevitabilmente nucleare. Una guerra nucleare in Europa porterebbe probabilmente a uno scambio di attacchi tra Russia e Stati Uniti[12].
Come scrive il filosofo Andrea Zhok, l’Occidente a guida americana non può mantenere il proprio statuto di potere, garantito dalla prospettiva dell’espansione illimitata, e d’altro canto non può neppure immaginare alcun modello alternativo, in quanto si concepisce ideologicamente come l’Ultima Verità (l’ordine basato su regole, i diritti umani, la scienza)[13].
Quest’aporia produce uno scenario epocale tragico. La prossima guerra Washington la deve vincere, sconfiggendo il nemico e mettendolo in ginocchio e, poiché il nemico è una delle grandi potenze belliche del pianeta, dotata di armamenti nucleari, la sfida è estremamente difficile e l’Europa è il campo di battaglia.
Concludiamo con un romanzo distopico particolarmente adatto: Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood. Il libro narra che alla fine del ventesimo secolo le superpotenze mondiali sono stremate dalla guerra mentre la Terra è devastata dall’inquinamento radioattivo e chimico; il malcontento serpeggia tra la popolazione che ha raggiunto la crescita zero e, per sedare le rivolte intestine, viene siglata una tregua e il cosiddetto “accordo sulle sfere di influenza” che lascia liberi i vari governi di scegliere i mezzi ritenuti necessari per sedare le rivolte senza che le altre nazioni si intromettano. Come risultato, nel Nord America a seguito di un golpe, si insedia un regime totalitario teocratico di ispirazione biblica vetero-testamentaria, la “Repubblica di Gilead”.
Approfondimento a cura di Gilberto Moretti
Lugano, 02 giugno 2024
[1] Cfr. Kirby, P., Kyiv can use British weapons inside Russia – Cameron, in BBC, 03.05.2024.
[2] Cfr. Roth, A., Russia threatens UK military and orders nuclear drills after ‘provocation’, in The Guardian, 06.05.2024.
[3] Cfr. Ardissino, E., La paralisi strategica del Regno Unito, in Limes, n. 1, 2023.
[4] Cfr. Murray, W., Ukraine war briefing: Macron, Scholz agree Kyiv should use allies’ weapons against launchers in Russia, in The Guardian, 29.05.2024.
[5] Cfr. Masala, G., Escalation nucleare possibile? Cosa rischia l’Europa, in L’Antidiplomatico, 27.05.2024.
[6] Cfr. Aa.Vv., Ukraine Claims Drone Attacks on Russian Radar Station Near Kazakh Border, in RFE/RL’s Ukranian Service, 27.05.2024.
[7] Cfr. Simplicius, SITREP 29/5/24: La NATO intensifica gli attacchi transfrontalieri, in italiaeilmondo.com, 30.05.2024.
[8] Cfr. Gabellini, G., Krisis. Genesi, formazione e sgretolamento dell’ordine economico statunitense, ed. Mimesis, 2021.
[9] Cfr. Gaiani, G., L’ultima Guerra contro l’Europa. Come e perché fra Russia, Ucraina e NATO le vittime designate siamo noi, ed.Il Cerchio, 2023.
[10] Cfr. Moretti, G., Ex Machina, in brightside-capital.com, Side View, 09.07.2023.
[11] Cfr. Moretti, G., Deal or Not Deal, in brightside-capital.com, Side Views, 28.12.2020.
[12] Cfr. Tomaselli, E., Il ritorno della guerra ‘risolutiva’, in Giubbe Rosse News, 29.12.2023.
[13] Cfr. Zhok, A., La parabola dell’occidente e i nuovi Potlatch, in L’Antidiplomatico, 25.05.2024.