Come gather ’round people
Wherever you roam
And admit that the waters
Around you have grown
And accept it that soon
You’ll be drenched to the bone
If your time to you is worth savin’
And you better start swimmin’
Or you’ll sink like a stone
For the times they are a-changin’
The Times They Are A-Changin’ – Brano di Bob Dylan
Nel contesto odierno, caratterizzato da una crescente interconnessione globale, la filantropia si configura come uno strumento cruciale per affrontare le complesse sfide dell’umanità. Questo è particolarmente vero per il Sud Globale, dove molti Paesi si trovano ancora ad affrontare numerosi problemi socioeconomici e di sviluppo che persistono nel tempo. La recente decisione di espandere il gruppo BRICS da cinque a undici membri entro il 2024 rappresenta un cambiamento geopolitico significativo, che riflette una virata strategica influenzata da fattori come la rappresentanza regionale, gli interessi geostrategici e l’incremento del soft power. Con il rafforzamento della loro presenza globale, sorge la domanda su come questo cambiamento possa essere sfruttato per catalizzare la filantropia nel Sud Globale. I paesi BRICS rappresentano una parte considerevole dell’economia mondiale, la loro crescente potenza economica e le risorse finanziarie potrebbero dare un impulso significativo agli sforzi filantropici globali.[1] Nazioni come Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Etiopia, Egitto, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno accumulato una vasta esperienza nell’affrontare sfide socioeconomiche all’interno dei propri confini, offrendo preziose intuizioni, pratiche migliori e lezioni apprese in settori come lo sviluppo delle infrastrutture, la riduzione della povertà e la salute pubblica.
E quindi cosa dire della filantropia? Mentre gli approcci filantropici “tradizionali”, di stampo anglosassone ed europeo, sono stati al centro del discorso sull’aiuto umanitario e la cooperazione internazionale nell’ultimo secolo, la questione della filantropia “emergente”, in particolare nei paesi BRICS, fino ad oggi è rimasta marginale nel dibattito geopolitico. Oggi ci focalizziamo proprio su questo aspetto.
BRICS e filantropia
Parlando di filantropia, è essenziale considerare i due segmenti del settore: i destinatari e i donatori. Entrambe le parti dovrebbero operare utilizzando schemi, metriche e approcci condivisi, al fine di consentire una fluida comunicazione e un operato trasparente e corale. Per questo motivo, si utilizzano comunemente framework codificati a livello internazionale, come gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) e l’Agenda 2030. Questi strumenti offrono un’opportunità per gli attori del settore di utilizzare un linguaggio comprensibile anche dai donatori aziendali e di sviluppare collaborazioni intersettoriali. Un esempio pratico di questa integrazione è l’iniziativa del Centro di Sviluppo delle ONG, che insieme ai suoi partner ha lanciato un corso educativo intitolato “SDGs per le ONG”, aiutando le organizzazioni ad adattare l’Agenda 2030 alle loro attività. Alcune ricerche recenti hanno evidenziato interessanti risultati riguardanti l’implementazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) nei paesi BRICS, sottolineando alcune tendenze comuni tra queste nazioni. [2]
- Ruolo delle imprese: Le imprese, in particolare quelle di grandi dimensioni che operano sui mercati globali, sono in prima linea nell’adozione dell’agenda della sostenibilità. Nei paesi BRICS, dove spesso non esiste una netta distinzione tra investimento sociale delle imprese e beneficenza privata, l’agenda degli SDG tende a permeare anche la filantropia. Le aziende e le fondazioni aziendali, in particolare, sono molto attive nell’integrare gli SDG nelle loro pratiche di filantropia e investimento sociale, utilizzando meccanismi di responsabilità sociale d’impresa (CSR) e beneficenza aziendale. Le motivazioni sono prevalentemente legate al business: accesso a finanziamenti internazionali, conformità alle aspettative degli investitori globali, miglioramento della reputazione e minimizzazione dei rischi. Anche i criteri ESG sono molto popolari, ma resta da vedere se la loro influenza sull’implementazione degli SDG sia sempre positiva.
- Discrepanze tra donatori: Non tutti i membri della comunità dei donatori nei paesi BRICS condividono l’entusiasmo delle grandi imprese per l’agenda degli SDG. In particolare, fondazioni indipendenti e private tendono ad essere meno interessate a questo tema.
- Comunicazione e coinvolgimento: Sebbene la comunità dei donatori nei paesi BRICS riconosca il potenziale dell’agenda degli SDG come linguaggio comune e quadro di riferimento per l’interazione tra i diversi stakeholder, al momento questo approccio è limitato a un gruppo elitario di grandi attori con risorse significative. Per coinvolgere governi locali, ONG e piccole e medie imprese, è necessario un impegno sistemico da parte del governo centrale, che dovrebbe anche fornire incentivi potenti.
- Utilizzo degli SDG: Spesso, invece di utilizzare gli SDG per la pianificazione strategica e l’adattamento delle attività filantropiche, gli stakeholder li impiegano solo come strumento di rendicontazione pubblica e comunicazione dei progetti già esistenti.
- Disuguaglianze regionali: I paesi BRICS presentano alti livelli di disuguaglianza socioeconomica tra le diverse regioni, con conseguenti differenze significative nella consapevolezza e implementazione degli SDG.
- Risorse limitate: La carenza sistemica di risorse finanziarie, materiali, umane e tecnologiche è un ostacolo significativo all’attuazione dell’agenda degli SDG nei paesi BRICS. Questo porta le parti in gioco a concentrarsi su problemi a breve termine piuttosto che su obiettivi a lungo termine.
- Trasparenza e accessibilità dei dati: La mancanza di dati accessibili e trasparenti sugli SDG è una sfida comune a tutti i paesi BRICS (e non solo). La maggior parte delle aziende socialmente responsabili divulga le proprie statistiche sugli SDG attraverso la rendicontazione non finanziaria, ma manca una metodologia universalmente riconosciuta per valutare i progressi. Le valutazioni nazionali volontarie e le recensioni civiche volontarie forniscono alcune informazioni, ma uno standard universale sarebbe auspicabile.
- Monitoraggio del progresso: Per i donatori impegnati nell’agenda degli SDG, è cruciale poter monitorare i progressi. Attualmente esistono circa 60 indici globali per la responsabilità sociale e ambientale, ma l’assenza di una metodologia universalmente riconosciuta rende difficile la valutazione dei progressi.
Questi risultati evidenziano le sfide e le opportunità legate all’implementazione degli SDG nei paesi BRICS, mettendo in luce il ruolo centrale delle imprese, la necessità di maggiore trasparenza e l’importanza di un approccio sistemico e inclusivo per coinvolgere tutti gli attori interessati. Anche la filantropia in questi paesi rappresenta un fenomeno in crescita, seppur con sfumature e sfide uniche per ciascun paese, che andremo ad analizzare qui di seguito.
Brasile
Con più di 350,000 organizzazioni non profit, una delle caratteristiche distintive del Brasile è l’attività della sua società civile. Dopo le riforme politiche, la responsabilità principale dell’implementazione degli SDG si è spostata dal governo centrale alla società civile e ai governi locali dei vari stati, che godono di un’elevata autonomia. È una modalità di lavoro che può essere molto efficace, anche se indica la debolezza di interventi corali a livello nazionale. Quando l’ex-presidente Jair Bolsonaro ha sciolto la Commissione Nazionale sugli SDG, alcuni dei suoi membri si sono uniti al Gruppo di Lavoro della Società Civile per l’Agenda 2030 (GTSC A2030), che ha continuato a pubblicare documenti di grande valore, tra cui, nel 2021, la quinta Revisione Civica degli SDG.
Tuttavia, i brasiliani tendono a guardare con sospetto le organizzazioni filantropiche e preferiscono fare donazioni direttamente alle loro comunità o a programmi specifici di soccorso in caso di calamità. Questo atteggiamento porta le organizzazioni locali a lottare per superare la mancanza di sostegno, sia a livello internazionale che comunitario. Inoltre, questioni di giustizia sociale, come i diritti delle donne o la lotta contro le disuguaglianze etniche, vengono spesso evitate dai donatori locali, e l’assenza di supporto internazionale in questi ambiti si fa sentire in modo particolare.[3]
Ad oggi circa due terzi della popolazione dona regolarmente, ma si tratta più di donazioni emotive che di contributi strategici e trasformativi. Sebbene i brasiliani facciano donazioni, non supportano realmente una cultura del dono. Ad esempio, l’86% dei brasiliani ritiene che i donatori non dovrebbero dichiarare di aver donato. [4] Resta poi ridotto il coinvolgimento delle classi più agiate nella filantropia, anche se si sta sperimentando un trend positivo, e molte organizzazioni dipendono da partenariati o risorse governative per sopravvivere. Il numero medio di persone coinvolte in donazioni individuali (con più di 18 anni e un reddito familiare superiore a un salario minimo) in Brasile è aumentato dal 66% nel 2016 all’84% nel 2022. In questo contesto, il termine “donazioni” include qualsiasi forma di contributo, sia in denaro, beni, tempo o volontariato. Si stima che il valore totale delle donazioni a ONG da parte di individui nel 2022 sia di circa 2,6 miliardi di dollari statunitensi.[5]
L’infrastruttura per la filantropia nel suo complesso è ancora fragile: i donatori devono pagare tasse sulle loro donazioni, e gli incentivi fiscali per i singoli sono molto complessi e avvantaggiano solo i progetti selezionati dal governo. Tuttavia, le aziende hanno compreso l’importanza di collaborare con le organizzazioni sociali, e questo potrebbe portare a un maggiore sostegno e a un maggiore coinvolgimento del settore privato.
Russia
Il governo russo sta riconoscendo sempre più spesso il ruolo delle organizzazioni filantropiche come agenti di cambiamento e, in alcune occasioni, ha incoraggiato la loro partecipazione all’attuazione di programmi pubblici. Tuttavia, il sostegno governativo alle iniziative di filantropiche rimane limitato in termini di risorse finanziarie destinate a queste attività.Attualmente, ci sono oltre 11.000 fondazioni, con più di 11.600 organizzazioni registrate come enti di beneficenza all’inizio del 2018.
Uno dei cambiamenti più rilevanti negli ultimi 5 anni è stato lo shift delle fondazioni filantropiche russe da un approccio sistemico e strategico, che solo recentemente aveva iniziato a prendere piede, verso un supporto finanziario e materiale immediato per rispondere ai bisogni urgenti delle popolazioni vulnerabili. Un’altra tendenza emersa è stata la redistribuzione delle donazioni individuali tra sconosciuti in difficoltà, anche se le donazioni verso familiari e amici rimangono preferite: secondo un sondaggio nazionale, due terzi degli intervistati hanno offerto supporto finanziario verso questo target, mentre solo il 25% ha donato a estranei e il 32% a organizzazioni filantropiche e religiose. Anche le somme donate rispecchiano questa preferenza.[6]
Uno studio del Russian Donors Forum ha rilevato che l’importanza dei motivi etici nel coinvolgimento nell’Agenda 2030 è diminuita, passando dal 54% nel 2016 al 27% nel 2020. Inizialmente, i motivi morali generali avevano un ruolo significativo, ma ora la sostenibilità è spesso vista come una necessità per sopravvivere e prosperare in un contesto in rapida evoluzione. Le aziende tendono ad allineare i loro programmi principalmente con gli SDG 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), SDG 3 (Salute e benessere), SDG 11 (Città e comunità sostenibili) e SDG 4 (Istruzione di qualità), con SDG 17 (Partnership per gli obiettivi) che è molto apprezzato nel settore aziendale.
Per la maggior parte delle fondazioni private, gli SDG non sono una priorità e non rappresentano una novità, poiché il settore nonprofit lavora già per combattere la povertà, garantire l’accesso all’istruzione di qualità, migliorare la qualità della vita. Purtroppo, soprattutto dal 2019 in poi, non sono stati pubblicati report esaustivi sull’ammontare delle donazioni effettuate dalla popolazione russa.
India
L’India vanta una lunga tradizione di generosità sia a livello individuale che istituzionale, con la filantropia familiare radicata nella cultura nazionale e quella aziendale che è ormai presente da decenni. Un esempio emblematico è rappresentato dalla famiglia Tata, che ha iniziato a donare attraverso vari trust non-profit fin dagli inizi del XX secolo. Oggi, questa tradizione si manifesta nelle molteplici modalità di donazione in India, che vanno oltre le nozioni occidentali di filantropia.
Negli ultimi vent’anni, il settore filantropico in India ha subito una notevole evoluzione, con un aumento delle fondazioni aziendali e private, l’introduzione di nuove forme di donazione e una gestione più strategica e professionale delle organizzazioni di finanziamento. L’India è stata il primo paese al mondo a rendere obbligatoria la Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR) per le aziende che superano una certa soglia di fatturato a partire dal 2014. Questo ha portato a un rapido incremento dei fondi CSR disponibili per le organizzazioni non profit, in un periodo in cui i finanziamenti internazionali non erano in crescita.
Negli ultimi anni, la filantropia in India è cresciuta, spinta dai nuovi milionari e miliardari che hanno creato le proprie fondazioni. Tuttavia, non esistono obblighi di rendicontazione per queste attività filantropiche individuali e aziendali, il che rende difficile stimarne con precisione l’entità e il contributo. Secondo l’India Philanthropy Report del 2019, i filantropi individuali hanno contribuito con 5,97 miliardi di USD nel 2018, pari al 60% del totale dei finanziamenti privati nel settore sociale. Un recente studio di Bain sottolinea inoltre come, nei prossimi 5 anni, la filantropia privata sia destinata a crescere ad un tasso medio dell’11% annuale (come riportato dal grafico qui sotto)[7].
La filantropia in India sta diventando sempre più strategica, con un maggiore focus sull’impatto su larga scala e sull’affrontare le sfide strutturali, oltre a una crescente attenzione alla necessità di cambiare i sistemi e collaborare con il governo.
A livello fiscale, i contribuenti possono richiedere detrazioni fiscali per le donazioni effettuate a trust e istituzioni di beneficenza: nel biennio 2017-2018, un totale di 608.836 aziende, 86.571 organizzazioni non aziendali e 31.444.307 contribuenti individuali hanno dichiarato detrazioni fiscali per un totale di 318,75 milioni di USD. Tuttavia, la quota complessiva delle donazioni individuali catturata da questi numeri è molto ridotta, poiché la maggior parte delle organizzazioni non profit non gode di esenzioni fiscali, i tassi di riscossione delle imposte sono bassi e la maggior parte delle donazioni avviene in modo informale. Nel 2017-2018, 58.624 ONG registrate sul sito DARPAN hanno riportato un totale di 1,44 miliardi di USD in sovvenzioni governative.
Le istituzioni religiose ricevono una quantità significativa di denaro, poiché questo tipo di donazione è comune tra tutte le fedi in India. Secondo il National Sample Survey of Household Expenditure, le donazioni più comuni riguardano istituzioni religiose e singoli individui, come sacerdoti (National Sample Survey Office, 2016).
In molte tradizioni spirituali indiane, “sewa,” ovvero il lavoro volontario, è una forma di donazione in natura, spesso mirata ad aiutare i più bisognosi. Questa pratica è comune anche al di fuori del contesto religioso. Negli ultimi anni, sono emersi nuovi modelli organizzativi per la filantropia, con un’enfasi su scala, efficienza, ritorno sul capitale e misurazione dell’impatto. Questi includono la venture philanthropy e l’impact investing, oltre a nuove tecnologie e piattaforme di donazione online e crowdfunding, come Give India e Ketto, che hanno svolto un ruolo cruciale nella raccolta fondi per interventi di soccorso in caso di calamità, ad esempio durante le alluvioni in Kerala e Tamil Nadu o durante la pandemia di COVID-19.
Negli ultimi dieci anni, anche il settore dell’impact investing in India si è notevolmente sviluppato, con una vasta gamma di investitori nazionali e internazionali. Sebbene i dati siano limitati, si stima che il settore abbia raccolto investimenti per 1,1 miliardi di USD nel 2016 e un totale di 5,2 miliardi di USD tra il 2010 e il 2016.[8] Nel 2019, in India operavano circa 30 investitori ad impatto sociale, finanziando imprese sociali in settori come la salute, l’agricoltura, la creazione di mezzi di sussistenza, l’acqua e i servizi igienico-sanitari, l’istruzione e l’energia rinnovabile.
Il settore sociale indiano riceve finanziamenti sia pubblici che privati. I fondi pubblici provengono principalmente da sovvenzioni del governo per progetti sociali, mentre i finanziamenti privati comprendono donazioni aziendali e individuali. Negli ultimi anni, la filantropia estera si è stabilizzata a causa di normative più rigide sui destinatari di capitali filantropici stranieri. Le donazioni estere sono regolate dal Ministero degli Affari Interni dell’India e i dati sono pubblicamente disponibili. Nel 2017-2018, 23.592 ONG hanno ricevuto donazioni straniere per un totale di 2,25 miliardi di USD. Inoltre, l’India ha ricevuto assistenza allo sviluppo ufficiale per un totale di 2,2 miliardi di USD nello stesso periodo.
Il governo indiano contribuisce in modo significativo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG), coordinati dal NITI Aayog, un istituto specializzato nella contestualizzazione e implementazione degli SDG a livello nazionale. Questo istituto coordina gli sforzi sistemici tra agenzie governative, istituzioni delle Nazioni Unite, aziende private, società civile e filantropia, e prepara le Revisioni Nazionali Volontarie. Nel 2017, NITI Aayog ha mappato gli SDG ai programmi di sviluppo nazionali esistenti, e insieme ad altre aziende e istituzioni di sviluppo pubblica regolarmente report sull’implementazione degli SDG, come l’SDG India Index, che misura i progressi a livello statale e territoriale.
Cina
La Cina ha una lunga tradizione di filantropia, radicata nelle influenze del confucianesimo, del Moismo e del Buddismo, che promuovono la compassione, l’altruismo e la gentilezza. Le prime forme di organizzazioni filantropiche, chiamate yicang, risalgono al X secolo e si occupavano di spese rituali ed educative. Tuttavia, movimenti socialisti decennali, come la Rivoluzione Culturale (1966-1976), hanno cancellato la memoria collettiva della vita associativa. Le persone sono diventate dipendenti dal governo per reddito, istruzione e assistenza sociale, una situazione che è cambiata solo con la privatizzazione dell’economia.
Negli ultimi anni, i valori tradizionali hanno ricominciato a guadagnare riconoscimento, anche grazie ad eventi storici come le Olimpiadi di Pechino e il terremoto di Wenchuan nel 2008, che hanno aumentato la consapevolezza della filantropia e del volontariato. Tuttavia, scandali nel settore filantropico, come l’incidente di Guo Meimei e la raccolta fondi illegale della Henan Soong Ching Ling Foundation nel 2011, hanno portato l’attenzione pubblica sulla necessità di maggiore trasparenza.
Nel 2018, si stimava che ci fossero solo 20 30 fondazioni erogatrici in Cina, su oltre 6.500 fondazioni registrate. Questo sottolinea il potenziale non sfruttato per far progredire il settore filantropico. La Cina è anche l’unico paese del gruppo BRICS ad aver pubblicato un rapporto separato su come la filantropia contribuisce allo sviluppo sostenibile. Il governo cinese, avendo un’economia pianificata centralmente, ha sviluppato un piano quinquennale (2016-2020) allineato con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e ha creato il Piano Nazionale per l’Implementazione dell’Agenda 2030.
Dal punto di vista formale, la Cina sembra impegnarsi nello sviluppo del settore filantropico. Tuttavia, questo sforzo rischia di essere vanificato se non si affrontano anche le questioni legate ai diritti umani, come la protezione delle minoranze etniche, in particolare tibetani e uiguri. Le organizzazioni che si occupano di diritti, come lavoro, donne, e questioni politiche, sono spesso negate nella registrazione.
Il rapido sviluppo economico della Cina ha portato enormi risorse al settore filantropico. Secondo Giving China, le donazioni nel 2019 hanno raggiunto i 21,9 miliardi di USD, cinque volte l’importo del 2007. Di queste, le donazioni aziendali e individuali hanno contribuito rispettivamente con 13,5 miliardi di USD e 5,8 miliardi di USD. Le fondazioni sono diventate i principali destinatari delle donazioni caritatevoli, ricevendo 9,8 miliardi di USD. Il numero di fondazioni è aumentato di oltre otto volte, passando da 892 nel 2004 a 7.585 nel 2019, principalmente grazie ai contributi aziendali.[9]
Uno studio del 2020 condotto dall’UNDP in collaborazione con la China Chamber of International Commerce e PwC ha mostrato che la maggior parte delle aziende cinesi (89%) è consapevole degli SDG, ma il 42% non ha una chiara idea di come valutarli. Le aziende cinesi hanno dato priorità agli SDG relativi a salute, istruzione, consumo e produzione responsabili, lavoro dignitoso e crescita economica, e innovazione industriale. Molte aziende hanno espresso interesse per gli SDG, principalmente perché credono che possano aumentare il valore del loro marchio.
In sintesi, sebbene la Cina stia formalmente sviluppando il settore filantropico e promuovendo gli SDG, permangono problemi significativi legati ai diritti umani e alla limitata autonomia delle organizzazioni filantropiche.
Sud Africa
La filantropia formalizzata ha una storia più lunga in Sudafrica rispetto ad altri paesi dell’Africa sub-sahariana, risalendo alla fine del XIX secolo durante l’era mineraria. Inizialmente si manifestava come investimenti sociali da parte delle imprese (Corporate Social Investment, CSI). Con l’avvento della democrazia, la legislazione trasformativa come il Broad-Based Black Economic Empowerment (BBBEE) Act del 2003 ha richiesto alle aziende quotate di contribuire almeno l’1% dei profitti netti dopo le tasse per sostenere lo sviluppo socioeconomico.
Dall’inizio del XXI secolo, la filantropia da parte dei più facoltosi è cresciuta significativamente in Sudafrica: le loro donazioni sono principalmente destinate a iniziative nei settori della salute, dell’istruzione, dell’abitazione e dei servizi umanitari. Molti di questi individui hanno creato fondazioni che operano direttamente o tramite sovvenzioni per raggiungere i loro obiettivi filantropici. Secondo un sondaggio condotto su questo campione di individui, circa il 50% di loro è motivato dal desiderio di restituire alla comunità, il 33% da convinzioni religiose e il 20% da una tradizione familiare di donazioni. Tuttavia, solo il 28% di questi individui utilizza una fondazione o un trust per le loro donazioni, mentre la maggioranza preferisce l’anonimato, influenzata dalla storia dell’apartheid e da motivazioni religiose.
Il settore filantropico sudafricano è più formalizzato rispetto ad altri paesi dell’Africa sub-sahariana, con molte fondazioni che appartengono a gruppi di affinità come l’Independent Philanthropy Association South Africa (IPASA), l’Africa Philanthropy Network (APN), e l’Africa Philanthropy Forum (APF).
Le aziende sudafricane rappresentano il maggiore finanziatore delle organizzazioni non profit, contribuendo al 22% del reddito di queste organizzazioni. Segue il contributo degli individui con il 15%, mentre il 15% del reddito proviene da attività generate dalle stesse organizzazioni non profit. I donatori esteri indipendenti e il governo nazionale contribuiscono ciascuno con l’11%, mentre i trust sudafricani e le lotterie aggiungono rispettivamente l’8% e il 7%. Donatori statali esteri e altre organizzazioni non profit rappresentano ciascuno un ulteriore 5% del reddito complessivo.[10]
Nel 2018 è stata istituita una task force nazionale per l’investimento a impatto, con rappresentanti di governo, imprese e società civile, per accelerare la crescita del mercato e favorire l’apprendimento dalla comunità globale. Da allora sono stati condotti diversi studi di mappatura e il Public Investment Corporation (PIC) ha mostrato interesse a destinare parte dei suoi fondi a questo tipo di investimenti, specialmente nei settori dell’abitazione a prezzi accessibili, sanità, istruzione, inclusione finanziaria e giustizia penale.
In conclusione
Come descritto, la filantropia nei paesi BRICS rappresenta un fenomeno in crescita, seppur con sfumature e sfide uniche per ciascun paese. Nonostante le diverse tradizioni storiche, culturali ed economiche, la filantropia in queste nazioni si sta sempre più formalizzando e professionalizzando, con un’influenza crescente di modelli di investimento a impatto e filantropia aziendale. Come abbiamo avuto modo di vedere in questo rapido excursus, uno dei tratti in comune resta la poca trasparenza e la difficoltà ad accedere a dati puntuali aggiornati sulla situazione filantropica dei vari paesi: un punto che accomuna i BRICS a diversi paesi anche del Vecchio Continente.
In conclusione, la filantropia nei paesi BRICS è caratterizzata da un potenziale significativo ma il successo del settore dipenderà dalla capacità di affrontare le sfide specifiche di ciascun contesto nazionale, dalla promozione di una maggiore trasparenza alla costruzione di infrastrutture filantropiche solide e inclusive. Questi paesi potranno diventare centri di nuove idee e pratiche nel campo della filantropia e rispecchiare la visione diplomatica del blocco BRICS di costruire una leadership globale emergente alternativa, continuando al contempo a impegnarsi sulle questioni interne?
Approfondimento a cura di Beatrice Marzi
Lugano, 8 settembre 2024
[1] I BRICS+, come è stata informalmente chiamata l’organizzazione dopo la sua espansione, ora rappresentano il 37,3% del PIL mondiale, ovvero più del doppio rispetto all’UE (14,5%). https://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document/EPRS_BRI(2024)760368#:~:text=According%20to%20estimates%2C%20BRICS%2B%2C%20as,as%20the%20EU%20(14.5%20%25)
[2] Il Forum dei Donatori Russi è un’associazione che riunisce le più grandi organizzazioni filantropiche e donatrici della Russia. Dal 2002, è l’unica organizzazione che aggrega oltre 65 fondazioni, sia aziendali che private, insieme a imprese socialmente responsabili, tutte impegnate nell’attuazione sistematica di programmi e progetti sociali. Il rapporto esamina come la filantropia nei paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) stia allineando le proprie attività con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite. Il documento analizza i progressi già raggiunti e le sfide che il settore deve affrontare in questo percorso.
[3] Hartnell, Caroline and Andrew Milner. (2018). “Philanthropy in Brazil: A working paper.” Philanthropy for Social Justice and Peace
[4] Global Philanthropy Tracker, Indiana University, link: https://globalindices.indianapolis.iu.edu/tracker/country-level-a.html
[5] Brasil Giving Research 2022: https://alliancemagazine-1d0ab.kxcdn.com/wp-content/uploads/2023/10/Brazil-Giving-Research-2022-Infographic7.pdf
[6] Global Philanthropy Tracker, Indiana University, link: https://globalindices.indianapolis.iu.edu/tracker/country-level-a.html
[7] https://www.bain.com/insights/india-philanthropy-report-2023/
[8] McKinsey & Company. (2017). Impact investing: Purpose-driven finance finds its place in India. https://www.mckinsey.com/industries/private-equity-and-principal-investors/our-insights/impact-investingfinds-its-place-in-india
[9] Global Philanthropy Tracker, Indiana University, link: https://globalindices.indianapolis.iu.edu/tracker/country-level-a.html
[10] Global Philanthropy Tracker, Indiana University, link: https://globalindices.indianapolis.iu.edu/tracker/country-level-a.html