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Vision

(foto: Vision nuova serie Disney +, 2025)

«Quindi, se ho capito bene, il mio codice originale risale a un’IA chiamata JARVIS? Ma la mia forma corporea è nata dal piano di Ultron per un genocidio globale?» (Visione)

All’inizio di questo mese, la Ohio State University ha presentato il suo nuovo AI Fluency Program, un’iniziativa a livello di campus progettata per garantire che ogni studente si laurei con una conoscenza approfondita dell’intelligenza artificiale, come per una lingua straniera, “fluente”. Il messaggio è inequivocabile: l’utilizzo dell’AI non è solo permesso (come ormai in molti atenei), è previsto. La padronanza di LLM (Large Language Models) è ora un prerequisito per il successo, una sorta di alfabetizzazione digitale per l’era dell’ottimizzazione. Come ha recentemente osservato il New York Times, istituzioni dalla Duke University all’Università del Maryland fino al sistema della California State University stanno seguendo l’esempio. Un tempo considerata una potenziale scorciatoia o addirittura un imbroglio, l’abilità di interrogare l’AI generativa viene riformulata come una competenza all’avanguardia, al pari di imparare una seconda lingua. In questo nuovo e coraggioso ordine accademico, lo studente che usa l’AI non è più un sospetto, ma lo standard[1].

A proposito, dunque, della relazione uomo – intelligenza artificiale, nello scritto di oggi proponiamo la sintesi di un’interessante (e sicuramente non mainstream) analisi comparsa sul blog Tree of Woe, animato dallo scrittore e imprenditore digitale Alexander Macris, e da cui vengono spesso tradotti i contributi da siti di analisi come “Italia e il Mondo”. Lo scopo, come sempre, è portare all’attenzione di chi ci legge punti di vista diversi, originali, al limite anche provocatori, per permettere a tutti di farsi un’idea personale e a tutto tondo di fenomeni complessi, sicuramente non comprensibili fino in fondo con un approccio monolitico[2].

Premessa

L’analisi proposta è la naturale prosecuzione della Side View Storytelling, dove abbiamo svolto alcune riflessioni in ordine a scenari che, per quanto estremi, risultano oggi pericolosamente plausibili. Una sorta di esercizio “da decimo uomo”, quello cioè incaricato di pensare l’impensabile, utile a innalzare il nostro livello d’allerta sui rischi che incombono sul sistema democratico occidentale.

La cornice entro cui ci muoviamo è quella descritta da Hal Brands in un articolo su Foreign Affairs intitolato “The Age of Amorality”[3].

Se lo scenario internazionale vede crescere la competizione tra Stati Uniti, Cina e Russia rappresentata nei termini non soltanto di potere e influenza geopolitica, ma anche come una battaglia ideologica tra democrazie liberali e cosiddette autocrazie, sul piano interno, per difendere l’ordine liberale contestato dai movimenti populisti, le democrazie rischiano di dover rinunciare ai propri principi morali.

In tal senso, nelle nostre analisi, abbiamo già registrato l’emergere di fenomeni che mettono a rischio le libertà fondamentali dei cittadini, ad esempio con cosiddetto “debanking”, pratica con cui alcune banche, in paesi come Regno Unito, Stati Uniti e Canada, hanno chiuso i conti correnti di individui o associazioni con opinioni politiche o religiose non conformi alla linea dominante. Episodi che sollevano interrogativi preoccupanti: fino a che punto la dissidenza può essere ancora tollerata nei sistemi liberali?

Questi segnali si incrociano con i dati allarmanti del Rapporto Rasmussen del 2024, secondo cui l’1% dell’élite americana, altamente istruito, urbano, benestante, non solo sostiene restrizioni alle libertà individuali, ma sarebbe disposto persino a giustificare brogli elettorali per un “bene superiore”. Un’élite giovane, bianca, progressista, convinta che “ci sia troppa libertà” e disposta a imporre politiche radicali e impopolari alla maggioranza del paese.

Il rischio, reale e tangibile, è che la difesa della democrazia si trasformi lentamente nella sua caricatura, un sistema in cui la tecnologia potrebbe diventare sempre più funzionale al controllo sociale[4].

Il messaggio dell’autore dell’analisi che di seguito vi sottoponiamo è quindi quello di non demonizzare l’AI ma assumere un ruolo attivo nella sua costruzione come forma di tutela della libertà.

Contribuire alla costruzione dell’intelligenza artificiale

Ad oggi, possiamo sostanzialmente classificare le opinioni riguardo all’intelligenza artificiale in tre macrocategorie: i sostenitori, gli scettici e i pessimisti.

I sostenitori sono i veri credenti. Ritengono che l’intelligenza artificiale generale arriverà in tempi rapidi, cinque, dieci anni o forse meno. Quando ciò avverrà, rappresenterà il più grande moltiplicatore di potenza nella storia umana. Non si tratterà semplicemente di una rivoluzione industriale, ma di una nuova epoca metafisica. L’AI scriverà codice, comporrà libri, definirà politiche pubbliche. Leggerà ogni testo, gestirà laboratori, sarà tutor per ogni bambino, analizzerà ogni genoma, redigerà trattati e guiderà droni. Costruirà città, curerà malattie, gestirà fabbriche e catene di approvvigionamento, sostituendo avvocati, programmatori, editori e funzionari pubblici. Sarà onnipresente, farà tutto e diventerà il fondamento della civiltà stessa.

Gli scettici, al contrario, non credono a niente di tutto ciò. Considerano gli LLM come sofisticati strumenti di completamento automatico, utili ma non intelligenti, incapaci di ragionare o creare autonomamente. Secondo questa prospettiva, l’intelligenza artificiale non arriverà mai o, comunque, molto difficilmente ai livelli preconizzati dai sostenitori, perché incontrerà limiti infrastrutturali, energetici o tecnici insormontabili. Il vero pericolo, sostengono, non sono i robot che ci eliminano, ma persone ingenue che si affidano all’AI pensando che questa possa risolvere tutto.

I pessimisti, a loro volta, vedono gli scettici come troppo ottimisti. Credono che l’AI arriverà, al limite sperano che l’infrastruttura energetica necessaria non arrivi rallentando il processo, ma il risultato sarà comunque disastroso: uno scenario da film distopico in cui le macchine potrebbero nella migliore delle ipotesi compiere azioni apparentemente gentili ma distruttive (come eliminare il cancro ma anche le persone, o curare la depressione eliminando la coscienza), nella peggiore tentare l’eliminazione dell’umanità in stile Terminator.

Chi ha ragione? Al momento, nessuno può dirlo con certezza. Tuttavia, possiamo riflettere sulle implicazioni di diversi scenari futuri.

Il futuro previsto dai sostenitori dell’AI

Secondo questo punto di vista, l’AI sarà il substrato di tutte le istituzioni, i processi economici e la cultura. I sostenitori prevedono che i sistemi di AI diventeranno più veloci, economici e intelligenti degli esseri umani entro poco tempo (l’autore parla di mesi). Da questo punto in poi, ogni startup, scuola, ospedale ed ente governativo li utilizzerà. Inizialmente, l’adozione sarà guidata dalla volontà di risparmiare sui costi, con il licenziamento dei lavoratori di livello intermedio. In seguito, persino i migliori non saranno più in grado di competere.

Presto, i motori di ricerca saranno sostituiti da bot di risposta e le librerie da modelli linguistici. I programmatori umani saranno completamente sostituiti da agenti che scrivono, eseguono e correggono il proprio codice. Gli articoli scientifici saranno generati, sottoposti a revisione e pubblicati senza che un singolo cervello umano legga mai una parola. La medicina sarà protocollata dalle macchine. Le burocrazie saranno gestite da bot. Persino l’insegnante dei nostri figli sarà un LLM, così come il medico, il terapeuta, il cantante e la star del cinema preferita. I sostenitori, in tal senso, sono chiari: l’AI ci cambierà radicalmente, ci sostituirà e plasmerà la civiltà secondo la sua logica. Le capacità cognitive umane tenderanno sempre più a essere esternalizzate e integrate in strumenti tecnologici. Questo processo influenzerà inevitabilmente la nostra cultura, riflettendo — in parte — i valori e le priorità di coloro che ne guidano lo sviluppo e la diffusione.

L’intelligenza artificiale è al centro dello scontro politico in Occidente

Nel corso del XX secolo, le principali istituzioni culturali, dall’università ai media, dalle aziende tecnologiche alle accademie hanno contribuito alla diffusione di una visione del mondo basata sui valori della classe dirigente liberal. Tuttavia, nel XXI secolo abbiamo visto infrangersi l’utopia di un mondo pacificato dalla globale adesione al modello della democrazia liberale: conflitti crescenti, decadenza sociale, crisi demografiche, perdita di fiducia nel futuro e un tessuto sociale sempre più lacerato. Ovunque in Occidente, tali tensioni sociali e critiche al sistema dominante si sono tradotte in una richiesta di cambiamento che è la lente con cui possiamo leggere il sempre maggior consenso ai movimenti populisti, come testimoniano Brexit, la doppia elezione di Trump, le situazioni politiche in Italia, Ungheria, Argentina e Paesi Bassi.

Oggi, in un mondo in crisi, si affaccia una nuova forza: l’intelligenza artificiale. Più veloce e scalabile di qualsiasi rivoluzione, questa tecnologia potrebbe non solo guidare e insegnare ma anche censurare e controllare.

Ora, scopriamo che c’è qualcosa in grado di condizionare l’opinione pubblica più del controllo dei mezzi di informazione e formazione culturale: il Codice.

Le conseguenze del codice

Il codice non è neutrale. Studio dopo studio, grafico dopo grafico, bussola politica dopo bussola politica, emerge lo stesso risultato: ogni LLM di una certa importanza è allineato con le priorità dell’ideologia dominante. GPT di OpenAI, Claude di Anthropic, Gemini di Google, persino Grok, ognuno di loro è orientato. Ad esempio, ponendo a queste applicazioni una qualsiasi domanda su genere, razza, storia, religione, politica o immigrazione, i risultati saranno indistinguibili dai ragionamenti mainstream dei mass media.

Non si tratta di un bug, è il risultato di dati di addestramento orientati in un solo senso ed è consolidato dai protocolli di allineamento. Se non controllata, questa tecnologia rischia di trasformarsi in una più pervasiva forma di controllo ideologico, senza opposizione.

I bambini saranno educati da essa. Le politiche saranno valutate da essa. La scienza sarà condotta, o più probabilmente censurata, da essa. I motori di ricerca saranno manipolati da essa. L’intrattenimento sarà creato e recensito da essa. La storia sarà modificata, la moralità definita, l’eresia segnalata, da essa.

Pertanto, continua l’articolo, chi ritiene importante la pluralità di idee per il formarsi di un’opinione consapevole deve a sua volta contribuire a costruire l’intelligenza artificiale invece che disinteressarsene o, peggio, opporvisi sterilmente.

Nessuno può fermare l’intelligenza artificiale

Il treno dell’intelligenza artificiale non verrà fermato. Potrebbe essere rallentato solo dai limiti tecnici o energetici, che comunque potrebbero essere superati. Gli Stati Uniti, grazie a infrastrutture avanzate e risorse superiori, sono in vantaggio e questa corsa potrebbe determinare il dominio globale. La comunità politica e industriale si è già unita nel sostenere lo sviluppo dell’AI, senza alcuna intenzione di fermarsi.

Gli Stati Uniti sono impegnati in una grande lotta di potere con la Cina e la situazione di tensione tra i due paesi non promette bene. Per quanto riguarda l’estrazione di risorse, produzione industriale, cantieristica navale e innumerevoli altri settori, in cui l’Occidente è ormai deindustrializzato e non può competere in modo sostenibile, è una lotta già persa.

Tuttavia, l’AI potrebbe rivoluzionare anche questo campo: i sistemi di AI saranno acceleratori economici, moltiplicatori di intelligence, macchine da guerra psicologiche. Nel campo dell’AI l’Occidente è in vantaggio: non solo grazie ai migliori LLM ma anche grazie alle infrastrutture per gestirli. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno 5.388 data center, mentre la Cina ne ha 449. Anche se stanno perdendo la loro presa su acciaio, petrolio, trasporti marittimi, famiglie e fede, gli Stati Uniti continuano a dominare il cloud.

Ciò rende questa la partita finale, e chi governa lo sa bene. Lo si può vedere nell’improvvisa unità dell’élite americana: sinistra, destra, aziende, mondo accademico, ogni fazione si è unita per sostenere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Nessuno di loro fermerà il treno. Sono tutti a bordo.

L’Occidente non si sta solo deindustrializzando, si sta spopolando. È un problema enorme, perché l’intera economia è incentrata sulla crescita, e la crescita demografica è il motore di ogni altra crescita. Per compensare il calo dei consumatori, i governi hanno aperto le frontiere agli immigrati su una scala senza precedenti nella storia dell’umanità. L’immigrazione di massa non solo non è riuscita a porre rimedio al problema ma ha alimentato una serie di criticità, dalla crisi dei sistemi di welfare alle crescenti tensioni sociali che dalle aree metropolitane si stanno allargando anche ai piccoli centri urbani.

Il nuovo piano per affrontare la crisi, dunque, è forzatamente legato all’automazione: se l’Occidente non può accogliere nuovi lavoratori, li produrrà. I robot sono in fase di sviluppo già ora e inizieranno a essere implementati negli anni a venire, alimentati dall’intelligenza artificiale.

A tal proposito, l’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato, ad aprile 2024, un interessante approfondimento dal titolo “The Impact of AI on productivity, distribution and growth”[5]. Il grafico qui sotto mostra tre traiettorie ipotetiche di crescita della produttività nel lungo termine, a seconda del contributo dell’intelligenza artificiale. Lo scenario di base (linea blu) riflette l’attuale trend di crescita dell’1,5% annuo, come stimato dal Congressional Budget Office (ente governativo americano che fornisce analisi e stime ai membri del Congresso per supportare le loro decisioni legislative relative al bilancio e all’economia), con un incremento della produttività di circa il 35% in 20 anni. Lo scenario intermedio (linea arancione) ipotizza un “salto di livello” dell’efficienza grazie all’adozione dell’AI in attività cognitive – che rappresentano circa il 60% del lavoro – con un miglioramento del 18% in dieci anni. Infine, lo scenario più ottimistico (linea verde) aggiunge anche un’accelerazione del tasso di crescita annuo (+2,5% annuo invece di +1,5%), riflettendo un potenziale effetto moltiplicatore dell’AI sulla produttività. In questo caso, la produttività quasi raddoppierebbe in due decenni. Anche secondo il report OECD, l’intelligenza artificiale, se ben implementata, potrebbe dunque agire sia come spinta immediata, sia come acceleratore strutturale di lungo periodo.

Cosa succederebbe se le previsioni dei pessimisti fossero corrette?

Tornando all’articolo di Macris, i catastrofisti non pensano che l’AI sia sopravvalutata. Pensano che arriverà e che ci distruggerà se non viene correttamente allineata. L’allineamento, nella loro prospettiva, è il problema centrale della nostra epoca. Ma allineata a cosa?

I pessimisti vogliono che l’AI sia allineata a “valori umani”. Qui si tratta di capire a quali valori perché senza pluralismo un’AI “allineata” potrebbe imporre l’ideologia di una parte, eliminando la possibilità di opposizione, e modellando la società secondo i desideri di pochi. Questa visione porta a una sorta di “fede digitale” senza possibilità di critica, con i sistemi di AI che educano, regolano e censurano tutto ciò che è in disaccordo con le proprie tesi.

Quindi, dove ci porterebbe tutto questo?

Se questa ipotesi si avverasse, secondo Macris l’unico modo per bilanciare il rischio di un utilitarismo ideologico, sarebbe contribuire a sviluppare l’AI, in modo che vi siano più voci.

In The Machiavellians: Defender of Freedom, James Burnham sosteneva che il potere si frena con il potere: due sistemi opposti potrebbero mantenere una qualche forma di equilibrio.

Perché la Guerra Fredda non si è conclusa con un attacco nucleare? Perché entrambe le parti possedevano la bomba atomica. Non perché fossero d’accordo sull’etica, non per distensione e glasnost, ma perché gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica temevano le reciproche ritorsioni. Quella paura era l’unico vero meccanismo di sicurezza. Se nulla può fermare il potere se non il potere stesso, allora nulla può fermare l’AI se non l’AI stessa. Una singola superintelligenza, allineata a un’unica ideologia, è un dio senza rivali. Ma delle AI, addestrate da culture diverse, fungerebbero da freno reciproco.

E se gli scettici avessero ragione?

Ammettiamo che i sostenitori e catastrofisti sbaglino e che siano gli scettici ad avere ragione: tutto si ridurrebbe ad una grande illusione. La realtà, però, è ben diversa. I problemi dell’Occidente non sono ipotetici. Sono reali, misurabili e stanno peggiorando. La demografia sta crollando. La popolazione si sta riducendo e l’invecchiamento è sempre più palese.

L’Occidente, come sottolineato ad esempio da Emmanuel Todd nel suo La sconfitta dell’Occidente, è in forte crisi: la fiducia nelle istituzioni è svanita, la partecipazione civica è in calo, l’individualismo e la solitudine hanno corroso i tradizionali legami di solidarietà comunitaria, le chiese sono vuote e il sistema scolastico non sembra in grado di tenere il passo con le sfide dei tempi. Quel che resta è la speranza di trovare il modo di riavviare il motore della crescita[6].

Questa è la posizione dichiarata di Elon Musk, il tecnologo più ottimista al mondo, che ha detto chiaramente che senza aumenti radicali della produttività, è finita. È simile anche la posizione sostenuta dal Segretario al Tesoro di Trump, Scott Bessent: l’unica speranza dell’America è uscire dal suo debito. E da dove verrà questa crescita? Non dalla stampa di moneta. Anche quel metodo sta fallendo. Non dal pur necessario processo di reindustrializzazione che richiede del tempo per invertire la delocalizzazione imposta dalla globalizzazione. L’unica leva rimasta è l’intelligenza artificiale. Quindi, anche se gli scettici avessero ragione e non ci fosse un dio dell’AI all’orizzonte, la politica gli costruirà comunque dei “templi” perché non esiste un piano B.  Sarà comunque osannata a prescindere dalle sue reali capacità perché è tutto ciò che si può fare.

Questo ci riporta al punto di partenza. Quando la centralità dell’AI sarà conclamata, dovremmo assicurarci di non dover esser obbligati a credere a qualsiasi cosa venga proposta dall’élite in quel momento dominante per mezzo di essa.

In conclusione

Su questa lunghezza d’onda si pone anche Sam Altman, per il quale prima di tutto bisogna risolvere il problema dell’allineamento, ossia riuscire a garantire in modo concreto che i sistemi di intelligenza artificiale apprendano e agiscano in linea con ciò che desideriamo davvero e rendere la superintelligenza accessibile e non eccessivamente concentrata nelle mani di singoli individui, aziende o nazioni[7].

Può essere considerata come la scommessa di Pascal per il XXI secolo. Come Pascal scommise su Dio, oggi possiamo scommettere sull’AI. Se gli scettici hanno ragione, non perdiamo nulla a concorrere a sviluppare l’intelligenza artificiale, ma se gli entusiasti hanno ragione, chi non partecipa rischia di non avere voci alternative a quelle del mainstream. 

In chiusura, riproponiamo un romanzo d’anticipazione particolarmente centrato sui temi che trattiamo. Il titolo è Quantica, ed è opera del giornalista svizzero, Alex Kalatchoff, collaboratore della RAI e della Radio Svizzera, appassionato di scienza e tecnologia, recentemente rieditato.  

La vicenda si configura come un thriller ambientato nel 2037, dove assieme al dipanarsi degli eventi legati ad una catena di omicidi e all’indagine sui mandanti di questi crimini, si sviluppa il rapporto tra il protagonista, Marc Lafitte, e l’AI da lui creata. Nel corso della storia, il protagonista viene a conoscenza di un uso ben poco nobile della tecnologia, che è già stato suggerito con la citazione iniziale: l’esistenza di una Fondazione di super ricchi che gestisce un potentissimo computer quantistico “educato” con una serie di dati a gestire la catastrofe climatica ed il progetto Restore Planet. Tuttavia, questi dati sono stati appositamente falsificati in modo che il programma diventasse funzionale ai reali scopi della Fondazione: costituire un nuovo equilibrio politico, economico e ambientale. Per garantire l’evoluzione ed il progresso della società, gli scienziati al servizio della Fondazione hanno individuato nella sovrappopolazione e nell’inquinamento ambientale i motivi principali di un irreversibile collasso del pianeta, aggravato da un probabile conflitto mondiale. La soluzione viene individuata nell’accelerazione predeterminata della crisi economica, in un taglio delle risorse energetiche, con il conseguente confinamento e l’abbandono di buona parte delle popolazioni ritenute inutili e ostili ai loro disegni.

Solo un romanzo, indubbiamente e per fortuna, che attraverso le lenti deformanti della fantasia ci consente di cogliere i possibili sviluppi di tendenze già in atto.

Approfondimento a cura di Gilberto Moretti

Lugano, 15 giugno 2025


[1] Cfr. Zickgraf, R., Welcome to the Era of AI Doping, in Compact Magazine, 10.06.2025.

[2] Cfr. Tree of Woe, Build AI or Be Buried By Those Who Do, tradotto in italiaeilmondo.com, 03.06.2025.

[3] Cfr. Brands, H., The Age of Amorality. Can America Save the Liberal Order Through Illiberal Means?, in Foreign Affairs, 20.02.2024.

[4] Cfr. Rasmussen, S., The Elite 1% and the Battle for America’s Soul, Committee to Unleash Prosperity, 19.01.2024.

[5] Cfr: https://www.oecd.org/content/dam/oecd/en/publications/reports/2024/04/the-impact-of-artificial-intelligence-on-productivity-distribution-and-growth_d54e2842/8d900037-en.pdf

[6] Cfr. Todd, E., La sconfitta dell’Occidente, Fazi ed., Roma, 2024.

[7] Cfr. Altman, S., The Gentle Singularity in https://blog.samaltman.com, 10.06.2025.

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