“One, two, check, check
Ecco come l’è andata
One, two, three, four
One Maneskin, Eurovision Italy
Everybody wants to see
Mafia, pizza e mandoli'”
Eurovision in Turin
“Eurovision in Turin” Album
Eugenio in Via di Gioia, 2021
Mentre scriviamo l’euro aggiorna i nuovi minimi contro il dollaro scendendo sotto 1.03, iniziando a vedere da vicino il rapporto di parità con il biglietto verde. Può essere interessante mettere al centro dell’analisi odierna proprio la parità euro/dollaro per capire “se l’euro è già molto basso” oppure se non ci sia il rischio di andare verso i minimi dalla nascita dell’euro, toccati a 0.87 nel lontano marzo 2002. Ad ognuno come sempre di trarre le proprie debite conclusioni e di posizionare il proprio portafoglio di concerto.
Da dove partire? Come sempre in primis dagli Stati Uniti, passando per il Giappone ed atterrando infine a Roma.
STATI UNITI
I numeri inflattivi scappati di mano sono ormai noti a tutti; altrettanto nota è la determinazione dei decision maker politici ed economici (FED e Tesoro) a far attuare il pivot al significato della locuzione Draghiana del “whatever it takes”: in un decennio siamo passati da “qualsiasi cosa serve pur di alimentare la crescita” (2012, Draghi appunto) a “qualsiasi cosa serve pur di frenare l’inflazione, anche una recessione se necessario” (2022, Powell, FED Chairman). Fed e Tesoro non sono guidati da imprenditori che seguono le regole del buon padre di famiglia, ma fanno guidare le proprie scelte dal principio della “massimizzazione della propria reputazione”, che in questo caso richiede una ferma risposta all’inflazione per evitare che gli Stati Uniti diventino dal punto di vista della dinamica dei prezzi un avamposto sudamericano, l’Amerizuela, dato che dalla prospettiva dello stock del debito, purtroppo, hanno già fatto passi da gigante proprio in quella direzione.
Quali sono le implicazioni economiche del nuovo “Whatever it takes”?
- Ritirare la liquidità, per ridurre l’effetto ricchezza e calmierare i prezzi
- Alzare i tassi per moderare le quotazioni di investimenti e consumi sensibili al ciclo dei tassi di interesse, si pensi al mondo immobiliare
- Tifare per un dollaro forte in grado di far pagare meno le importazioni necessarie al paese per sostenersi e dunque implicitamente calmierare l’inflazione?
GIAPPONE
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In un mondo in cui tutti i governi provano ad alzare i tassi, c’è un’unica nazione del G8 che proprio non ci riesce; stiamo parlando del Giappone che dall’alto di 260% di rapporto Debito/PIL, ha deciso di mantenere i tassi a 10 anni fissi a 0.255%; la banca centrale del Giappone si impegna dunque ad acquistare titoli governativi in quantità INFINITA pur di non far salire il costo del servizio del debito che pesa sulle spalle del Governo nipponico. Questo genere di modus operandi è definito in gergo, “yield curve control” (YCC), come il Quantitative Easing (QE) afferisce all’acquisto di bond governativi ma c’è una sostanziale differenza che è fondamentale menzionare: mentre nel QE la banca centrale di turno acquista titoli di debito del governo in un importo definito, nel YCC la quantità di titoli del governo che vengono riacquistati è INFINITO. Nel secondo caso l’allentamento monetario è dunque ancora più marcato. Cosa succede alla credibilità delle valute che applicano questo genere di strategia, ce lo spiega ovviamente la dinamica del cambio JPY contro USD, in picchiata del 17% rispetto al primo di gennaio di quest’anno.
Il Giappone ha anticipato nelle ultime decadi l’Europa in un sacco di dinamiche macroeconomiche, dall’invecchiamento della popolazione alla crescita stellare del debito, all’azzeramento dei rendimenti per remunerare il debito: che stia tracciando la strada anche nei confronti di una forte svalutazione della moneta unica?
ROMA
L’Europa come noto, al momento cerca disperatamente di allinearsi alla politica di strette monetarie della FED, promettendo rialzi dei tassi per domare la rampante inflazione. Madame Lagarde inizia a parlare di aumento dei tassi a giugno ma si dimentica di argomentare su come fare a calmierare gli spread dei paesi periferici che per forza andranno sotto pressione ed incredibilmente:
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A questo punto con grandissima rapidità nasce lo scudo anti-spread a tutela della stabilità monetaria dei paesi periferici: se poi a dare maggiore urgenza serve anche la pandemia (nulla di più deflattivo di un lockdown ma…), ancora meglio:
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Naturalmente c’è ancora da fare i conti con i tedeschi quindi…
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Quale è il problema dei tedeschi? Perché non tifano per la stabilità monetaria difendendo i più deboli con la consueta arroganza che spesso nel Belpaese si riconosce ai teutonici? Forse il motivo è proprio lo Yield Curve Control alla Giapponese, le conseguenze nei confronti dell’Euro e le finali ripercussioni sul quadro inflattivo del continente; ma andiamo punto per punto. Nel dettaglio:
- L’Italia viaggia oltre il 150% di stock del debito sul PIL; la Germania a meno della metà, 70%. La Germania in autonomia e non nella moneta unica, avrebbe spazi molto importanti di manovra nel rialzo dei tassi per controllare l’inflazione. Ma siamo nella moneta unica dunque…
- I tassi di interesse nella zona Euro si calcolano come segue:
- Tasso tedesco (Risk free rate) + spread (che varia da Paese a Paese)
- Lo scudo anti-spread a difesa dell’Italia, per ridurre il valore del costo del debito italiano può lavorare solamente sullo spread, riducendolo; questo ha due implicazioni poco gradite ai paesi più ortodossi come i tedeschi:
- Le cicale italiane sperperano denaro a profusione ma alla fine pagano gli stessi interessi del nostro governo che invece ispira la gestione delle casse pubbliche alla parsimonia
- Tenere fisso o sotto controllo lo spread è un’operazione mascherata di YCC, dunque si acquistano bond in quantità illimitata ad un tasso prefissato (stampando euro in quantità illimitata); si rischia quindi di finire come il Giappone con la valuta che si svaluta vorticosamente, importando inflazione e trasformando l’Europa e non gli Stati Uniti in un avamposto sudamericano… “Everybody wants to see mafia pizza e mandoli’“
Per l’Italia dunque, dopo una primavera sulle prime pagine grazie ad un Eurovision in grado di avvicinare tutte le stirpi continentali “così lontane ma così vicine” per dirla alla Wim Wenders, si sta forse preparando l’ennesima estate calda, tra siccità, condizionatori che costano come mantenere auto di lusso e mercati in ebollizione? Riuscirà l’euro a reggere questa ulteriore prova di maturità?
Lugano, 6 Luglio 2022