Everyday I fight a war against the mirror
I can’t take the person starin’ back at me
I’m a hazard to myself
Don’t let me get me, I’m my own worst enemy
It’s bad when you annoy yourself so irritating
Don’t wanna be my friend no more
I wanna be somebody else
Don’t let me get me
“Missundaztood” album
Pink, 2002
Nelle scorse settimane abbiamo analizzato le misconception legate al Bitcoin e alle Criptovalute: questa settimana vogliamo guardare al Bitcoin con occhio critico, analizzando i principali rischi legati al mondo delle criptovalute concentrati nelle seguenti tre aree:
- Rischio d’investimento
- Rischio operativo
- Rischio macro/ geopolitico
Riteniamo importante declinare l’investimento in Bitcoin considerando non solo banalmente i rischi finanziari, ma anche i rischi esogeni e i rischi legati all’ecosistema in cui operano le criptovalute.
RISCHI D’INVESTIMENTO
LA VOLATILITA’
Una caratteristica del Bitcoin chiara a tutti è la sua volatilità. Anche se nel tempo è diminuita, si attesta comunque su livelli molto elevati.
Se la confrontiamo a quella di altre classi di attivo come oro, obbligazioni del Tesoro USA a lunga scadenza e l’indice S&P500, la differenza è notevole. Una parte di questa extra volatilità dipende dal fatto che il Bitcoin è acquistabile 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana (quindi anche quando i market participants istituzionali non sono attivi) su una molteplicità di piccoli exchange indipendenti tra loro e proprio in quanto “piccoli”, per forza meno liquidi. Anche aggiustando le serie storiche in considerazione di queste peculiarità del Bitcoin, restiamo su livelli a cui è difficile fare l’abitudine
CORRELAZIONE E COSTRUZIONE DI PORTAFOGLIO
Molti ritengono che il Bitcoin sia poco correlato alle altre asset classes e che quindi, introducendolo nel portafoglio, si possano ottenere dei benefici in termini di ritorni aggiustati per il rischio. In effetti guardando alle correlazioni attuali con le principali asset classes notiamo che aggiunge valore in termini di maggior diversificazione e di migliori rendimenti aggiustati per il rischio.
Andando però più nel dettaglio ci accorgiamo che il Bitcoin è ancora troppo giovane per dimostrare stabilità nelle correlazioni con le altre asset classes. È presumibile che col passare del tempo e di pari passo con la maggiore adozione, le correlazioni aumentino e quindi i benefici in termini di diversificazione e di miglior rapporto rischio/rendimento dei portafogli che lo contengono, possano ridursi significativamente. Di seguito mostriamo un grafico con l’evoluzione della Correlazione tra S&P500 e Bitcoin (calcolata su 120g rolling) dal 2012 ad oggi. Notiamo subito come nel corso del collasso di mercato causato dal COVID, la correlazione è aumentata in modo molto marcato (circoletto verde nel grafico).
LIQUIDITA’
Uno dei punti forti evocati dai sostenitori del Bitcoin è il fatto di essere intrinsecamente decentralizzato. Non esiste, come per le azioni, un mercato unico e centralizzato dove acquistare e vendere Bitcoin. Si possono acquistare su innumerevoli piattaforme di trading, oppure direttamente con transazioni definite Over The Counter, dove due parti si scambiano Bitcoin in cambio di altri assets. Per certi versi il Bitcoin assomiglia molto al mercato obbligazionario: una serie sconfinata di broker che fanno mercato, ognuno con le sue condizioni, con differente liquidità e spreads. Un mercato così strutturato soffre molto nei momenti di sell-off. La liquidità è frazionata su decine di controparti e la capacità di eseguire ordini importanti in tempi rapiti viene meno; di seguito mostriamo i primi 10 pool di liquidità, con le relative parità:
Binance, che è l’Exchange più importante al mondo, vede transitare meno dell’8% di tutta la liquidità. La market cap totale del Bitcoin è ancora relativamente piccola (600bn USD) rispetto agli standard delle principali asset class. Questa situazione è in rapida evoluzione grazie all’entrata di player come Microstrategy, Square, Paypal, etc, che potrebbero contribuire a mitigare questo problema, favorendone l’adozione e aumentandone dunque la size.
RISCHI OPERATIVI
EXCHANGES, WALLET E COLD STORAGE
Siamo abituati a suddividere il mondo degli investimenti finanziari in due macro-classi:
- Investimenti finanziari: azioni, obbligazioni, fondi che tipicamente vengono custoditi da un’istituzione bancaria
- Investimenti reali: oro, quadri, gioielli, etc che tipicamente vengono custoditi personalmente oppure in cassette di sicurezza
Il Bitcoin è un asset virtuale e per sua intrinseca natura immateriale. Chi è intenzionato ad investire direttamente, deve avere un certo grado di familiarità con software, hardware e il mondo dell’informatica in generale. L’investitore deve districarsi tra wallet, chiavi private, pubbliche, chiavette USB, etc. Chi perde le chiavi private, perde anche la proprietà dei Bitcoin. Per di più, non è semplice risolvere il dilemma della custodia. Molti lasciano i propri Bitcoin presso gli Exchanges, esponendosi al rischio di venir derubati dagli Hackers. Oppure sperimentano soluzioni più complesse, come il cosiddetto Cold Storage, dove però il livello di abilità tecnica richiesta per gestirli, sale sensibilmente. L’industria sta evolvendo e si stanno sviluppando forme di custodia istituzionale, ma le barriere all’entrata sono ancora alte.
PASSAGGIO GENERAZIONALE
Un altro aspetto importante è quello legato alle successioni. Se i Bitcoins sono detenuti su chiavi USB o sugli Exchange, come è possibile garantire l’accesso agli eredi? Solo chi ha le chiavi Private può accedere ai Bitcoin e quindi si pone un forte problema di regolazione del passaggio generazionale.
RISCHI TRANSAZIONALI
Le transazioni effettuate sulla blockchain di Bitcoin sono irreversibili. Questo rappresenta un formidabile vantaggio rispetto ai bonifici bancari nelle transazioni commerciali. Non c’è la necessità di avere un garante, un escrow account o altre forme di controllo sull’andata a buon fine del bonifico. Il rovescio della medaglia risiede nel fatto che se mandiamo i fondi all’indirizzo sbagliato rischiano di essere persi per sempre.
Secondo Chainalysis, circa 3-3.7m di Bitcoin (110-130bn USD ai valori di oggi), sono stati persi per sempre a causa di problematiche di natura operativa (perdita di password, chiavi USB, furti, etc).
RISCHI MACRO E GEOPOLITICI
Il Bitcoin è nato con lo scopo di creare una versione peer-to-peer di “contante” elettronico. Dove le transazioni non debbano essere validate da un’autorità centrale e il network stesso mantenga traccia di tutte le transazioni, che sono liberamente accessibili da tutti i partecipanti. La fiducia nelle transazioni non viene accordata alle singole parti, ma garantita dal network. Le formule che lo regolano (come il numero massimo di Bitcoin) sono fisse. Da queste caratteristiche discendono in parte alcuni dei suoi punti deboli.
INFLAZIONE, BANCHE CENTRALI E PERFORMANCE DI LUNGO TERMINE
Il Bitcoin ha un’offerta che è limitata a 21 milioni di pezzi: non potranno essere creati più Bitcoin rispetto a questo livello. Il suo protocollo declina in modo rigido ogni aspetto legato alla “creazione” degli stessi. Essendo quindi un asset scarso e non diluibile, può diventare interessante come strumento per controbilanciare i rischi inflazionistici dovuti al massiccio intervento di “money printing” in atto da parte delle banche centrali.
Nella fase attuale è innegabile che la sua performance di mercato è diretta funzione di queste aspettative macroeconomiche. Un indebolimento dello scenario inflattivo potrebbe portare a un re-rating delle valutazioni sul Bitcoin. In aggiunta, subisce indirettamente la concorrenza delle altre Criptovalute. I Bitcoin sono limitati a 21 milioni, ma potenzialmente possono essere create migliaia di nuove Criptovalute che possono rubare quota di mercato al Bitcoin. Ad oggi il 62% della capitalizzazione totale del mercato delle Criptovalute è fatta dal Bitcoin, a fine dicembre era 70%. Ehereum, Polkadot, Cardano, etc, si stanno posizionando come credibili alternative
INTERVENTO DEI GOVERNI
Fino ad ora le Criptovalute hanno potuto beneficiare di un basso livello di regolamentazione, se comparato al mondo finanziario tradizionale: per il legislatore non è facile orientarsi. In molti paesi, da un punto di vista giuridico, non è così semplice definire il loro status. Molti governi, per risolvere il problema alla radice, hanno deciso di vietare le Criptovalute; di seguito riportiamo lo “status di adozione” del Bitcoin nei vari paesi, in verde quelli più permissivi, in giallo dove vi sono delle restrizioni e in rosso dove l’uso è proibito.
Oggi il Bitcoin é accettato sia in USA che in EU. Questo status potrebbe però cambiare. Soprattutto negli USA, dove la sensibilità sulle tematiche di sicurezza nazionale è alta. I principali “miner” di Bitcoin sono in Cina. Ve ne sono molti anche in Iran e Russia. Il network dipende fortemente dai “miner” per il suo corretto funzionamento, quindi questa concentrazione su pochi paesi ritenuti più problematici per la sicurezza USA ha un forte peso prospettico. Inoltre, proprio grazie a questi “miner”, gli stati soggetti ad embargo economico da parte degli USA, posso procurarsi USD vendendo Bitcoin, di fatto aggirando l’embargo. Con l’accrescere dell’adozione a livello istituzionale del Bitcoin, queste tematiche verranno sempre più dibattute dai governi e parlamenti degli stati, aggiungendo un ulteriore elemento di instabilità alla dinamica dei prezzi. Questa tematica non si applica invece alle Criptovalute come Ethereum, Polkadot o Cardano, dove non ci si basa sui “miner” per alimentare il sistema. Molti sostengono che rispetto al Bitcoin, queste criptovalute siano più decentralizzate e resilienti a tentativi di manipolazione da parte degli stati nazionali.
MARKET MANIPULATION
il mercato dei “miner”, come detto, è altamente concentrato. Se andiamo a verificare il numero delle transazioni che avvengono sui Bitcoin, ci accorgiamo che anch’esse sono molto concentrate su pochi paesi. In particolare, la Cina è il paese dove avvengono più transazioni. Da un punto di vista teorico, un attacco concertato dalla Cina potrebbe mettere a repentaglio la stabilità del sistema. Circa il 65% del Bitcoin hush rate (che, semplificando, misura il livello di utilizzo della rete) è controllato dai miner cinesi, sufficiente a portare a termine il cosiddetto “51% attack”. Un attacco simile richiederebbe la collusione di decine di migliaia di diversi “miner”, eventualità molto poco probabile, ma pur sempre possibile.