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Waves

Immagine tratta da Hedgeye

I’m slowly drifting (drifting away)
Wave after wave, wave after wave
I’m slowly drifting (drifting away)
And it feels like I’m drowning
Pulling against the stream
Pulling against the stream
Mr. Probz, Waves
 

“Gli utili aziendali non muovono il mercato…è la Federal Reserve ad influenzarlo. Concentratevi sulle banche centrali e sul movimento della liquidità…la maggior parte degli investitori si focalizza sui risultati aziendali e sulle misure di analisi convenzionali. È la liquidità che muove i mercati.”

Già nel 2015, uno dei gestori hedge fund di maggior successo della storia, Stanley Druckenmiller, parlava in questi termini del ruolo delle Banche Centrali e dell’influenza che le loro decisioni di politica monetaria possono avere nel determinare la direzione degli asset di rischio. Oggi, a 9 anni di distanza, le evidenze di mercato confermano la validità di questa affermazione: il grafico di seguito, che mostra in arancio la traiettoria della massa monetaria globale ed in blu l’indice azionario S&P500 durante gli ultimi 11 anni, non necessita ulteriori commenti.

L’allentamento delle condizioni finanziarie può scaturire sostanzialmente da due meccanismi: da un lato tramite l’utilizzo della leva fiscale, attraverso cui i governi si indebitano aumentando il disavanzo corrente (tema già trattato nel nostro ultimo scritto “Tomorrow People”, che affronta l’attuale situazione degli Stati Uniti) e, dall’altro, tramite politiche monetarie accomodanti da parte delle banche centrali che “stimolano” l’economia con la  riduzione dei tassi di interesse o attraverso l’acquisto di obbligazioni governative (Quantitative Easing). 

Liquidity Tsunami?

Sono numerose le recenti evidenze di mercato e gli indicatori che ci portano a pensare ad uno sforzo “collettivo” da parte delle autorità monetarie globali per allentare le condizioni finanziarie ed immettere liquidità nel sistema, come esemplificato dai grafici di seguito: i) La prima evidenza sotto mostra come il mese di settembre appena trascorso sia stato quello con il numero più alto di tagli di tassi di interesse da parte delle banche centrali a livello globale da aprile 2020 ii) Il grafico sotto mostra come l’indice di liquidità globale sia  in forte crescita anno su anno durante il 2024 e iii) il dettaglio sopra riprende invece le misure di stimolo monetario appena annunciate dalla Cina, che ha approvato un pacchetto di interventi (per ca. 400BN USD) per stimolare l’economia con l’obiettivo di raggiungere i target di crescita del PIL per il 2024.

Daniel Lacalle, professore universitario ed economista, commenta così, in maniera volutamente provocatoria, i recenti trend sulla liquidità appena discussi: “La liquidità netta globale sta esplodendo al rialzo. Questo significa distruzione monetaria senza precedenti ed espansione degli asset di rischio”. Con riferimento al tema della correlazione tra stampa di denaro e prezzi degli asset finanziari, proponiamo di seguito i  risultati di un’analisi recente condotta da Lyn Alden, analista macroeconomica indipendente, che ha messo sotto la lente la “sensibilità” delle diverse asset class ai cambiamenti di politica monetaria. Sotto le principali conclusioni dello studio:

  • Il Bitcoin si muove nella stessa direzione della liquidità globale per l’83% del tempo in qualsiasi periodo di 12 mesi durante gli ultimi 10 anni, un valore superiore rispetto a quello di qualsiasi altra asset class; questo lo rende un forte “barometro” delle condizioni di liquidità a livello globale.
  • La correlazione di Bitcoin con la liquidità globale è elevata, ma non è immune da deviazioni di breve termine causate da eventi idiosincratici o da dinamiche specifiche legate al mercato crypto, soprattutto durante i periodi di “euforia” nei confronti dell’asset class.

Il grafico di seguito misura appunto come gli asset di rischio si muovono rispetto alla direzione delle politiche monetarie delle banche centrali globali: in arancio il Bitcoin, l’asset più correlato rispetto a questa metrica, seguito dalle azioni americane (SPX), da quelle globali (VT) e dall’oro.

Un’importante precisazione: le evidenze esposte sopra sono basate su dati storici e quindi non sono necessariamente predittive del comportamento delle diverse asset class nel futuro.

Tuttavia, pensiamo che il concetto di fondo che emerge ben rappresenti la principale funzione di Bitcoin: uno strumento di difesa dalla svalutazione della carta moneta e, aggiungiamo, un’assicurazione di last resort rispetto al fallimento del mercato del debito sovrano e, indirettamente, del dollaro US.

Sebbene le nostre affermazioni possano sembrare eccessive, una conferma rispetto a questo tipo di preoccupazioni è giunta di recente dall’asset manager più grande al mondo, Blackrock, che a settembre ha pubblicato un report dal titolo: “Bitcoin: un diversificatore di portafoglio unico”. 

Nel documento, la casa di investimento (emittente dell’ETF $IBIT, approvato negli Stati Uniti a gennaio e che oggi conta 32BN USD in asset investiti nella cryptovaluta) approfondisce il caso di investimento per il Bitcoin sottolineando, tra gli altri temi, la natura ancora emergente dell’asset come alternativa monetaria decentralizzata a livello globale, nonché la volatilità estrema che ne caratterizza i ritorni.

Un paragrafo ha però attirato in maniera particolare il nostro interesse, intitolato: Le dinamiche del debito statunitense tornano al centro dell’attenzione. Blackrock scrive: “A questo proposito, la crescente preoccupazione negli Stati Uniti e all’estero riguardo lo stato dei deficit e del debito federale statunitense ha aumentato l’attrattività di asset “di riserva“ alternativi come possibile protezione  contro eventi futuri che potrebbero impattare il dollaro americano. Questa dinamica sembra stia prendendo piede anche in altri paesi dove l’accumulo di debito è stato significativo. Nella nostra esperienza con i clienti fino ad oggi, questa preoccupazione spiega una parte sostanziale dell’interesse istituzionale crescente verso il Bitcoin.”

Debasement monetario

I proponenti di Bitcoin come strumento di difesa dalla svalutazione della moneta fiat perpetuata dalle banche centrali globali attraverso la stampa di denaro, spesso affermano che non è il valore degli asset finanziari che sale, quanto più la valuta nella quale questi ultimi sono prezzati (moneta fiat), e quindi il denominatore, che scende e che perde di valore.

Il concetto viene tradizionalmente associato a situazioni relative ai mercati finanziari dei Paesi Emergenti (Argentina, Venezuela), dove gli indici azionari in valuta locale si apprezzano ma, rettificati per la svalutazione nei confronti del USD, perdono valore in termini reali.

Se queste dinamiche possono sembrare estremamente lontane, si ripresentano anche nel mondo occidentale ma in salsa leggermente diversa. Infatti, se il “denominatore” per gli attivi finanziari nel caso dei Paesi Emergenti è rappresentato dal USD, che è l’asset monetario scarso per tutti quei Paesi che non emettono direttamente dollari, il grafico di seguito paragona l’indice azionario S&P a due forme di “store of value” scarse per definizione, l’oro ed il Bitcoin, da fine 2022 a fine giugno 2024.

Il punto di partenza dell’evidenza sotto è il 30 settembre 2022, data nella quale le misure restrittive di ritiro di liquidità dal sistema finanziario da parte della FED avevano raggiunto i livelli massimi. Da quel momento, la liquidità è stata re-immessa nel mercato e, in risposta, gli asset finanziari sono esplosi in valore.

“It’s liquidity, stupid!”

In termini nominali, l’indice S&P è cresciuto del +57% (linea gialla); tuttavia, se rapportato al prezzo dell’oro, il rialzo è stato solo del +4% (linea bianca); se invece l’indice azionario è paragonato al movimento del Bitcoin, la performance diventa negativa a -52%…

Scarcity

La trasparenza e la prevedibilità della politica monetaria di Bitcoin sono caratteristiche uniche, che lo separano da qualsiasi altro asset finanziario: la riduzione programmata nell’emissione di nuovi token, definita halving, avviene circa ogni quattro anni e dimezza la nuova offerta di Bitcoin, rendendolo di fatto un asset deflazionario nel tempo. Questa proprietà è scritta all’interno della blockchain, e pertanto immutabile: nessun minatore, sviluppatore o utente potrà mai modificarla senza il consenso di tutti gli stakeholders.  

L’ultimo halving si è verificato ad aprile 2024 ed ha portato il tasso di inflazione (o di emissione di nuovi token) del protocollo dall’1.7% annuo allo 0.8%. Il grafico a sinistra mette in paragone il tasso di inflazione di Bitcoin con quello dell’oro, che è storicamente di circa 2% all’anno. Jack Mallers, CEO di Zap, società di pagamenti Bitcoin, si spinge  oltre ed afferma che, se la domanda per l’oro dovesse accelerare in maniera esponenziale, vi sarà sempre la possibilità di aumentare proporzionalmente gli investimenti e gli sforzi per estrarne di più dal terreno (e questo potrebbe aumentare il tasso di inflazione del metallo in maniera imprevedibile, in quanto non si hanno certezze sulla quantità totale di oro esistente), mentre nel caso di Bitcoin nessun incremento nell’attività di mining potrà mai accelerare l’emissione di nuove monete.

Chiudiamo con un breve clip (in fondo alla pagina), nel quale Jack Mallers contestualizza le proprietà di scarsità del Bitcoin, e con una citazione del premio Nobel per l’economia del 1976 Milton Friedman, che ci piace mantenere come principio guida quando pensiamo all’attuale posizione monetaria e fiscale che accomuna buona parte delle economie sviluppate:

“Tenete d’occhio una ed una sola cosa: quanto spende il governo, perché questa è la vera tassa. Non esiste un bilancio federale squilibrato: siete voi a pagarlo. Se non lo state pagando sotto forma di tasse esplicite, lo state pagando indirettamente sotto forma di inflazione.”

https://twitter.com/SimplyBitcoinTV/status/1772717887280574860

Approfondimento a cura di Andrea Accatino e Alban Zerweck

Lugano, 6 ottobre 2024

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